Bruttissima notizia dal tribunale di Catania: una sentenza di appello equipara l’attività di un blogger a quella di giornalismo clandestino. La vicenda processuale di Carlo Ruta non poteva avere peggiore conclusione.
Di questa vicenda si era già molto parlato in questi anni, e la blogosfera attendeva questa sentenza, da molti considerata una possibile svolta, che avrebbe potuto cambiare la vita dei blogger.
Carlo Ruta era, nel 2004, un giovane blogger che dal suo “accadeinsicilia” denunciava il malaffare della sua città, Modica. Il suo blog, però, non era registrato come testata giornalistica presso il tribunale competente. Quando è stato denunciato, il giudice in primo grado ne ha decretato l’oscuramento stabilendo che era a tutti gli effetti un prodotto editoriale. Tutti erano convinti che la sentenza di appello avrebbe ribaltato il primo giudizio, e sostanzialmente stracciato la famigerata legge bavaglio che ogni tanto torna all’attenzione del Parlamento su proposta del governo.
Invece il giudizio è stato confermato, smentendo l’ipotesi ottimistica che in Italia si stabilisse l’impunibilità dell’informazione per i blog, almeno per quanto riguarda il vecchissimo reato di stampa clandestina, che è stato rispolverato per questo caso dopo ben trent’anni.
Che significa questa sentenza? Per il momento nulla, perché permane un vuoto legislativo per cui, di fatto, ciò che distingue un blog da una testata giornalistica è, oltre alla continuità e coerenza dell’informazione e della pubblicazione, l’intenzione del sito di presentarsi come tale, eventualmente per le esimenti e la protezione della legge sulla stampa, come spiega la docente di diritto dell’informazione Anna Papa:
“Allo stato attuale in Rete sono giornali solo quei siti che vogliono qualificarsi come tali.”
Questa sentenza segna un punto a favore per le teorie più restrittive e punitive, e già molti in Rete commentano che non c’è da stare allegri. Al di là della semplice ammenda da 150 euro che comporta, dietro c’è una logica che al Web 2.0 certamente non può piacere.
Alla domanda su cosa ha intenzione di fare, ora, Ruta ha risposto che ricorrerà, proprio per evitare che questa sentenza faccia giurisprudenza:
“Il reato sarebbe in prescrizione, ma ho deciso di non approfittarne perché sarebbe come avallare la sentenza. Non penso che si tratti di una questione personale, che riguarda solo me – è una sentenza che cade in un momento ben preciso; la situazione della libertà di espressione in Italia è molto difficile, basta vedere il decreto Alfano o gli ultimi intendimenti del governo Berlusconi, e credo che si sia deciso di lanciare un messaggio al Web; è un discorso intimidatorio, una spada di Damocle lasciata pendere apposta sui blogger. Per cui ho deciso di fare ricorso in Cassazione.”