Complice anche una progressiva e inevitabile transazione verso forme di energia più pulite e rinnovabili, alcuni dei colossi che operano nel mercato degli idrocarburi stanno sperimentando nuove forme di business: tra questi c’è anche Aramco, gruppo con sede in Arabia Saudita e prima compagnia petrolifera al mondo per volumi di produzione, che potrebbe aver trovato in Alphabet (la parent company di Google) un partner per diversificare la propria attività.
A parlare di una possibile collaborazione è un report comparso sulle pagine del Wall Street Journal, secondo il quale l’azienda saudita e quella californiana potrebbero unire le loro forze per la costruzione di data center nel paese arabo. Al momento non è chiaro a quali operazioni verrebbero destinate le infrastrutture, né a chi sarebbe affidata la gestione. A favorire la sinergia il principe Mohammad bin Salman Al Sa’ud, che ricopre anche gli incarichi di vice primo ministro e ministro della difesa, da sempre ammiratore delle realtà che operano nella Silicon Valley e determinato a portare alcune di queste competenze nel suo territorio.
Le trattative sarebbero in atto già da diversi mesi, con il coinvolgimento diretto di Larry Page, co-fondatore di Google e oggi CEO di Alphabet. Nessun dettaglio sull’entità dell’investimento economico necessario la concretizzazione di un progetto di questo tipo.
Un eventuale simile accordo costituirebbe senza alcun dubbio un’opportunità per bigG, che potrebbe così rafforzare la propria presenza in un territorio ad alto potenziale come quello saudita, già adocchiato anche dal concorrente Amazon per la realizzazione di soluzioni basate sul cloud. La reticenza finora manifestata dai giganti hi-tech nel realizzare data center nell’area è giustificata dalle policy che non garantiscono un adeguato livello di tutela per privacy e dati personali: basti pensare che per l’accesso alle informazioni riguardanti gli utenti le forze dell’ordine non hanno necessità di un’ordine del tribunale come avviene invece negli Stati Uniti o in Europa.