Alphabet diventerà sinonimo di innovazione. O almeno è ciò che si augura Larry Page, co-fondatore di Google e CEO della società creata l’estate scorsa, con una riorganizzazione che per molti non è stato facile comprendere. La non semplice decisione di rendere bigG una sussidiaria del nuovo gruppo è stata presa innanzitutto con l’obiettivo di offrire a ingegneri e ricercatori l’indipendenza e la libertà necessarie per sviluppare prodotti e soluzioni dal potenziale innovativo.
Il raggio d’azione di Google si è esteso notevolmente nel corso dell’ultimo decennio, a tal punto da arrivare a toccare ambiti che non hanno nulla a che vedere con il motore di ricerca o l’advertising online. Si pensi ad esempio alla self-driving car, ai palloni aerostatici di Project Loon, alla ricerca medica di Calico e ai dispositivi per le smart home di Nest. Assicurare ad ogni singolo team la possibilità di agire in modo indipendente permetterà al personale di esprimersi al meglio. Page, intervenuto ieri ad un evento organizzato da Fortune, ha dichiarato anche che spera in una riduzione delle risorse e delle energie destinate alla gestione della burocrazia grazie al nuovo assetto societario.
Nell’occasione è stato svelato anche un dettaglio finora sconosciuto e piuttosto curioso. Il nome Alphabet è stato deciso dall’altro co-fondatore di bigG, Sergey Brin, tra una schiera di alternative che Page non ha voluto svelare. La scelta non è casuale: si tratta di una parola elementare, che non mette in ombra Google né gli altri brand del portfolio. Non dev’essere “catchy” ed è pensato innanzitutto per i dipendenti del gruppo, non per l’utenza.
Nel futuro di Alphabet ci sono altre acquisizioni, soprattutto di startup capaci di fornire spunti innovativi e originali. Sempre stando alle parole di Page, l’unico modello di riferimento esistente per questa forma di business potrebbe essere Berkshire Hathaway, holding gestita dall’imprenditore Warren Buffet operante nel campo delle assicurazioni e dei servizi finanziari.