Altoprofilo era una società che nel 2001, ad un anno dalla fondazione, occupava 89 persone, aveva un uffico a Boston e uno a Milano, parlava di usabilità quando in Italia sembrava uno strafalcione lessicale e credeva nell’e-learning. Una società innovativa e con un management d’eccezione: sulle scrivanie di comando si sono seduti amministratori che venivano da Oracle, IBM, Pirelli. Tra i clienti Altoprofilo vantava la Fiat, la Pirelli, l’Enel, Telecom Italia, Finmeccanica. Prima Altoprofilo era, insomma, un gioiello con grandi prospettive.
Dall’inizio di febbraio i dipendenti di Altoprofilo sono in lotta. Due scioperi, una forte campagna di comunicazione, un sito da dove tengono aggiornato tutto il Web delle loro azioni, l’entrata del sindacato nelle trattative. L’ultima agitazione, tre giorni di completa astensione dal lavoro, si è conclusa lunedì con la richiesta di rivedere il piano di liquidazione e di trovare una soluzione per i lavoratori licenziati. Cosa è successo ad Altoprofilo?
«La società non esiste più – ci dice Jan Reister, in Altoprofilo prima dipendente ora rappresentante sindacale -. Da gennaio il vecchio management ha deciso di cedere una parte delle attività alla Dialoga SPA, di mettere in liquidazione ciò che rimaneva e di licenziare più di venti persone: creativi, commerciali, amministrativi. Tutti fuori, senza nessun paracadute».
Sulle spalle della Altoprofilo ci sono 7 milioni di euro di perdite e una storia crollata negli ultimi due mesi: gli investitori che non credono più nel progetto e chiudono i rubinetti, i fondatori che abbandonano la nave che affonda e i nuovi proprietari che si piazzano in un piano della ex-sede. I licenziamenti non sono tuttora esecutivi: ci sono progetti in corso e il team disoccupato di Altoprofilo deve continuare a lavorare su di essi anche se da Gennaio non percepisce stipendio.
Ad un anno dal primo sciopero della net economy il settore Hi-Tech, quello che dovrebbe trainare l’innovazione del paese, si trova con un mercato del lavoro del tutto deregolamentato e Altoprofilo è solo uno dei tanti casi sulle scrivanie dei sindacati, sempre più presenti anche in questo settore.
Nicola Cappelletti, della FILCAMS-CGIL Lombardia, è netto: «Una volta licenziati i lavoratori delle aziende tecnologiche non hanno nessuna protezione, nessun ammortizzatore sociale. Se ai lavoratori inquadrati nel contratto del commercio aggiungiamo poi quelli inquadrati in altri settori, compresi i CoCoCo, la situazione si fa ancora più drammatica».
Nell’indotto tecnologico milanese sono decine le società con cui la FILCAMS-CGIL ha avviato contatti per prevenire licenziamenti in tronco. L’elenco è lungo: Think (HOT.it e Canalesport.com), Planetwork (gruppo ePlanet), LOL Europe, fino alla stessa Altoprofilo e Vitaminc, i cui lavoratori proprio in questi giorni hanno avviato contatti con i rappresentanti sindacali per prevenire forme nette di licenziamento dopo la fusione con Buongiorno.
In tutti questi casi il sindacato ha cercato di raggiungere un accordo con le aziende: ricollocamento degli esuberi oppure copertura economica nel caso di liquidazione della società.