«Un balzello di 3 e 4 euro sul prezzo di smartphone, tablet e computer» che il Governo starebbe per passare «in gran segreto» innalzando di oltre il 300% il cosiddetto “equo compenso“. In realtà trattasi di un segreto di Pulcinella, perché la notizia ha già preso il largo ed ha immediatamente attirato gli strali di quanti non solo mal digeriscono l’ennesimo orpello, ma ancor più rigettano il fatto che trattasi di un tesoretto destinato a rimpolpare le casse della SIAE.
Altroconsumo non le manda a dire e con un comunicato ufficiale si schiera apertamente contro l’idea di innalzare la già contestata tassa sui dispositivi elettronici che potrebbero in linea teorica rappresentare un elemento di conservazione e distribuzione di materiale pirata:
Il decreto del ministro Bray che aggiorna il precedente decreto Bondi e che sarà approvato entro fine anno con applicazione già da gennaio 2014 prevede infatti significativi aumenti su dispositivi elettronici, che sia un computer, una smart tv, uno smartphone o un tablet . Alcuni esempi: un tablet costerà 3,10 euro in più, mentre smartphone e computer avranno aumenti superiori ai 4 euro.
Altroconsumo lancia una petizione per bloccare l’istituzione di questa tassa iniqua.
Ma quanto pesa esattamente il nuovo equo compenso sugli acquisti che gli utenti vanno a compiere? I calcoli sono di Altroconsumo: «il balzello su un tablet passa dagli attuali 1,90 a 5,20 euro, quello su un computer da 1,90 a 6 euro e addirittura quello sugli smartphone passa dagli attuali 90 centesimi a ben 5,20 euro». Il calcolo è computato sulla tipologia del device e sulla quantità di dati archiviabili.
Fin dalla prima ora l’equo compenso attirò gli strali di quanti vedono nell’elettronica una nuova opportunità di mercato e non solo un nuovo strumento in mano anche ai pirati. L’innalzamento della tassa fissata a suo tempo, però, accende ulteriore acredine. Il tutto avviene peraltro in un momento particolarmente delicato per la SIAE, mettendo la Società Italiana degli Autori e Editori guidata da Gino Paoli contro un fuoco nemico vasto, trasversale ed eterogeneo. In discussione v’è anzitutto il principio stesso del compenso per la copia privata:
Col decreto si pensa di risarcire la Siae (e gli autori e gli editori che rappresenta) per i mancati introiti derivanti dalle copie private di canzoni, film e quanto coperto da diritto d’autore. Copie private in genere conservate nelle memorie di massa (hard disk, chiavette, cd vergini) e nei dispositivi in grado di immagazzinare dati: da qui l’idea di mettere la tassa. È l’equo compenso, soldi che la Siae dovrebbe ridistribuire a autori e editori e che vanno soprattutto agli artisti più noti e importanti.
Per Altroconsumo è una tassa iniqua: chi acquista musica e film legalmente da piattaforme online paga già i diritti d’autore per poterne fruire e fare copie su un certo numero di supporti: è profondamente ingiusto che paghi una tassa anche su questi stessi supporti, trovandosi così a pagare due volte.
Nel chiudere il proprio attacco, Altroconsumo ricorda come l’equo compenso non sia una misura condivisa in tutto il territorio europeo e che la scelta italiana vada in una direzione sbagliata poiché penalizzante per l’economia digitale: l’equo compenso, invece di finanziare l’innovazione e il futuro, non fa altro che aumentarne gli handicap economici sulla base di principi ispirati a dogmi vetusti.
Equo compenso: la parola alla SIAE
Nell’ultimo fine settimana ho letto e ho sentito demagogiche e complicatissime analisi sulla copia privata che non è una TASSA, ma il compenso che si riconosce agli autori, agli interpreti esecutori e ai produttori di contenuti, e che SIAE ha solo l’obbligo di raccogliere e ripartire non avendo alcuna provvigione se non il recupero delle spese.
Secondo Gino Paoli, l’adeguamento altro non è se non un allineamento alle tariffe francese e tedesca, cercando un equilibrio tra la situazione italiana e quella dei grandi paesi che hanno scelto la via dell’equo compenso. Ma la difesa della SIAE è anche un contrattacco, rappresentato da due domande ai detrattori:
- «perché in Italia le tariffe degli smartphone sono a 0,90 centesimi, quelle dei tablet a 1,90 euro e quelle dei telefoni non smartphone a 0,90 centesimi mentre in Germania variano da 16 a 36 euro (secondo le capacità di memoria) e in Francia da 2,80 a 14,72 euro?»
- «perché gli autori, gli interpreti esecutori e i produttori di contenuti del nostro Paese non possono avere pari dignità e devono continuare a produrre opere dell’ingegno senza avere adeguato compenso e quindi continuando ad essere figli di un dio minore?»