Amazon e Microsoft hanno raggiunto un importante accordo che, oltre a permettere ad entrambe le parti di investire tempo e denaro in nuove soluzioni, tiene lontano dalle parti pericolose frizioni sul piano legale. L’accordo, infatti, è relativo ad uno scambio di brevetti relativi a Kindle ed all’uso di server Linux.
L’assenza di dettagli sull’accordo impedisce di valutare esattamente la natura e la caratura dell’intesa, ma appare evidente il mutuo vantaggio derivato sotto più punti di vista. Amazon, a quanto pare, avrebbe messo in campo parte dei brevetti su cui ha costruito il progetto Kindle; Microsoft, per contro, avrebbe ottenuto un non meglio precisato riconoscimento economico ad integrazione del pacchetto di brevetti messo a disposizione. Il commento di Horacio Gutierrez, responsabile Microsoft per la proprietà intellettuale del gruppo, punta però soprattutto sull’immagine complessiva dell’accordo, il quale mette le due aziende dalla stessa parte della barricata dopo che già la battaglia legale contro Google Books aveva avvicinato i rispettivi team legali: «Il portfolio brevetti Microsoft è tra i più vasti e forti dell’industria del software, e questo accordo dimostra il mutuo rispetto per la proprietà intellettuale così come l’abilità nel ricercare soluzioni pragmatiche per la risoluzione di problemi relativi alla proprietà intellettuale stessa sia riguardo a software proprietario che a software open source».
Della partnership si conosce pertanto la facciata, ma nulla più. Tra le righe sembra di poter leggere un nuovo buffetto a Linux, un richiamo a quei brevetti che più volte Microsoft ha sbandierato di fronte al pinguino senza che mai la vicenda giungesse a qualcosa di più serio che non una guerriglia verbale a distanza. Amazon potrebbe aver chiuso ogni vertenza in tema Linux tramite questo accordo, ma potrebbe anche aver abbozzato intese sotto molti altri punti di vista (i brevetti Microsoft passano dalla telefonia al gaming, dal touchscreen al cloud computing); Microsoft per contro potrebbe avere malcelati interessi in ambito Kindle, oppure più espressamente nel mercato ove Azure coltiva serie velleità di successo. Dalle parti, però, non trapela nulla di ulteriore e per questo motivo tali indicazioni sono al momento destinate a rimanere semplici ipotesi.
Da tempo Microsoft sbandiera il proprio portfolio brevetti come una moneta di scambio, qualcosa su cui investire non tanto sul piano delle denunce, quanto più su di una sorta di “baratto” di proprietà intellettuale per chiudere accordi di reciproco interesse con gruppi terzi. Quel che è stato firmato in queste ore con Amazon, infatti, è qualcosa che ricalca quanto già avvenuto in passato con gruppi quali Apple, HP, LG, Nikon, Novell, Samsung o Fuji. Oltre ad una precisa strategia di mercato, per Redmond è questa anche una presa di posizione che esprime un principio chiaro: la proprietà intellettuale è un valore ineludibile, da monetizzarsi però sul mercato prima ancora che nelle aule di un tribunale.