La corte ha reso vano il tentativo di Parler di convincere Amazon a ripristinare il suo servizio. Un giudice federale ha parlato di prove non sufficienti per le affermazioni della società.
La sentenza è l’ennesima battuta d’arresto per il social, che potrebbe essere anche sottoposto a un’indagine dell’FBI. Parler ha citato in giudizio Amazon sostenendo violazioni delle politiche antitrust, dopo che il colosso dell’e-commerce gli aveva reso inaccessibili i suoi server. Nella causa, Parler aveva chiesto alla corte di obbligare Amazon a ripristinare il suo servizio, ma un giudice ha stabilito che sia inopportuno farlo.
Amazon aveva detto che le affermazioni di Parler fossero prive di fondamento. Nella risposta iniziale alla causa legale di Parler, l’azienda aveva dichiarato di aver avvertito per mesi Parler dei post contenenti incitazione alla violenza. Negli atti giudiziari, la società di Bezos avrebbe affermato:
Questo dimostra la riluttanza e l’incapacità della piattaforma social di rimuovere dai server i contenuti che minacciano la sicurezza pubblica, per esempio quelli che incitano allo stupro e all’omicidio di funzionari pubblici e privati cittadini.
La corte ha così stabilito che non sarebbe “nell’interesse pubblico” costringere Amazon “a ospitare contenuti violenti e offensivi, in particolare alla luce delle recenti rivolte al Campidoglio degli Stati Uniti”.
È un altro scoglio non di poco conto per Parler, che è cresciuto in popolarità dopo che Facebook e Twitter hanno iniziato a combattere la disinformazione politica in seguito alla vittoria di Joe Biden su Donald Trump. Dopo la rivolta a Washington DC, Apple e Google hanno entrambe tolto l’app dai loro negozi digitali. Il CEO di della società, John Matze, ha affermato che anche altre aziende tecnologiche, tra cui Slack, Twilio e Zendesk, hanno deciso di interrompere ogni collaborazione. Matze ha, a ogni modo, promesso di riportare il sito online, ma non è chiaro quando e come sarà nuovamente disponibile.