Amazon azzanna il mondo del gaming. Lo fa a modo suo, scavalcando le ambizioni che già aveva manifestato Google, mettendo le mani su Twitch Interactive. L’operazione è stata annunciata nella notte per un controvalore pari a 970 milioni di dollari, cifra pagata interamente in denaro.
«Amazon annuncia di aver trovato un accordo per l’acquisizione di Twitch Interactive, piattaforma video per il gaming. Nel mese di luglio, oltre 55 milioni di visitatori unici ha visto più di 15 miliardi di minuti di contenuto su Twitch prodotti da oltre 1 milione di broadcaster, inclusi gamer individuali, giocatori pro, editori, sviluppatori, media outlet». L’accordo era nell’aria, sebbene non fosse ancora nota la controparte: Twitch cercava ormai da tempo un partner con il quale nutrire la propria crescita e gli ultimi mesi sono passati tra trattative e rumors.
Twitch è una piattaforma che consente la condivisione delle proprie fasi di gioco da parte dei gamer: uno strumento per la divulgazione da una parte, un “luogo” di condivisione dall’altra, il tutto all’interno di un sistema di socializzazione incentrato sul mondo del gaming. La natura è del tutto originale, generando dinamiche che, dalla fondazione del gruppo nel 2011, ha visto crescere esponenzialmente successo e penetrazione del brand tra i gamer di tutto il mondo.
Google era stata la candidata più seria alla chiusura dell’operazione, ma secondo Forbes un grave ostacolo si sarebbe posto sulla strada che portava le due parti ad incontrarsi: l’antitrust. Avendo già in possesso YouTube, Google avrebbe potuto dar vita ad una eccessiva concentrazione di potere nel mercato dei video online. La situazione ha pertanto preso una piega favorevole per Amazon, gruppo che può mettere in ballo un sistema cloud efficiente, una importante ambizione nel mondo del gaming e la necessità di un colpo importante per dar corpo ai propri progetti.
Al momento non è chiaro quali possano essere le risultanze di tale operazione: il CEO di Twitch, Emmett Shear, spiega alla propria community di aver scelto il meglio per il futuro dell’azienda e di aver voluto cercare un partner perché procedere da soli sarebbe stato «pericoloso». Si sprecano quindi i ringraziamenti per un gruppo che, come dice lo stesso Shear, «fino a 3 anni fa non esisteva».