Tim Cook, CEO Apple. Elon Musk, CEO Tesla. Larry Page, fondatore di Google e CEO Alphabet. Sean Parker, fondatore di Napster e oggi importante investitore nel progetto Facebook. Bisogna immaginarseli attorno ad un tavolo, perché questo è quanto successo negli ultimi giorni in una località che si è tentato di tener segreta. Volti probabilmente corrucciati, qualche tensione e le sedie rimanenti occupate da importanti rappresentanti del Congresso e della Casa Bianca. Una incredibile concentrazione di potere politico e finanziario, insomma, ricreatasi in occasione dell’American Enterprise Institute World Forum: una riunione “off the record“, privata nell’accezione e nella forma, ma della quale sono trapelate l’ipotetico luogo di incontro nonché alcuni importanti contenuti. Uno su tutti: la diffusa preoccupazione per la presenza e i successi di Donald Trump nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti d’America.
Non solo il gotha della Silicon Valley era presente all’evento, ma a compartecipare le preoccupazioni per quanto sta accadendo durante le primarie USA vi sarebbero stati anche alti rappresentanti del mondo Repubblicano. Il sentimento diffuso è denso di costernazione per l’ascesa inarrestabile di Trump, il quale ha messo la sua icona avanti agli ideali ed ha conquistato già molti più Stati di quanti nessuno avrebbe mai immaginato. Tanto da destare ora l’attenzione di quanti non intendono mettere i loro destini e quelli delle loro aziende nelle mani del candidato Repubblicano che gran parte del partito stesso vorrebbe messo ai margini. Il tutto avviene peraltro nelle stesse ore in cui Michael Bloomberg ha ritirato la propria candidatura da indipendente, motivando la scelta con la propria impossibilità di vincere e in parallelo con la consapevolezza del fatto che la sua presenza non avrebbe fatto altro che coadiuvare l’ascesa di Trump (il rischio sarebbe stato quello di dividere il voto anti-Trump, «responsabilità che non mi prenderò»).
Mitch McConnell, Karl Rove, Paul Ryan, Tim Scott, Cory Gardner e altri nomi della politica statunitense, più o meno apertamente schierati contro Trump, hanno voluto così sedersi a tavola con quanti condividono medesima preoccupazione, per capire come muoversi. Presente altresì Arthur Sulzberger in rappresentanza del New York Times. Una presenza si è fatta inoltre notare per un motivo ulteriore: il senatore repubblicano Tom Cotton avrebbe avuto nell’occasione un fitto dialogo con Tim Cook a proposito del caso FBI vs Apple, nel tentativo di trovare un punto comune su cui costruire un compromesso relativo alla sicurezza sugli smartphone con la mela. L’approccio di Cotton sarebbe stato fortemente «ostile», il che non sembra avvicinare le parti nonostante l’ipotetica stretta di mano finale.
Il luogo dell’incontro è stato un resort privato di gran lusso dislocato in Georgia: un alto numero di jet privati è stato registrato su rotte che andavano verso la zona indicata, abbandonando poi le piste in rapida sequenza a testimonianza del fatto che qualcosa sia avvenuto e si sia concluso esattamente in concomitanza con l’incontro di Sea Island. Pochi i contenuti trapelati, ma le conferme vanno tutte nella stessa direzione: Donald Trump preoccupa, e tanto la politica quanto i vertici della Silicon Valley sono pronti a fare fronte comune per frenarne la corsa verso la Casa Bianca. Impossibile invece carpire qualcosa circa l’evolversi della discussione e se si sia giunti ad una qualche conclusione condivisa. Judy Stecker, portavoce dell’American Enterprise Institute, si è trincerato dietro la natura informale dell’incontro: «un incontro informale tra i maggiori pensatori di ogni contesto ideologico che negli Stati Uniti e nel mondo libero operano nell’economia, nella sicurezza e nel welfare».
Non sfugge l’importanza di vedere certi nomi e certi brand pronti a schierarsi sullo scacchiere politico in vista delle elezioni presidenziali per il post-Obama. Così come lo stesso Obama ebbe la possibilità di contare sulla Silicon Valley durante la propria ascesa, allo stesso modo ora Donald Trump ha di fronte uno scomodo ostacolo con cui dover fare i conti.