Google e Yahoo negli anni si sono fatti parecchi di nemici e sicuramente nella lunga lista compare anche la World Association of Newspapers, che ora sembra voler fare di tutto per impedire che i due colossi si alleino dal punto di vista pubblicitario e dunque si sono rivolti all’UE, al dipartimento per la giustizia statunitense e alla commissione per la competizione canadese perchè li fermino.
I giornali sono stati molto colpiti dal funzionamento dei motori di ricerca e in particolar modo non hanno mai digerito il servizio Google News con la sua redistribuzione di contenuti in rete e con la relativa monetizzazione delle ricerche correlate. Eppure vivono di un doppio legame con tali istituzioni poichè anch’essi guadagnano grazie alle pubblicità che gli forniscono di due grandi concessionari e ricevono molti visitatori ogni giorno dalle ricerche effettuate sui due motori.
Proprio per tali motivi sono intenzionati a bloccare l’accordo, poichè anch’essi, come Microsoft ha avuto modo di dichiarare tempo fa, credono che sarebbe una botta troppo grande alla competitività in un settore cruciale. Infatti secondo il monito pubblicato sul sito della WAN a Mountain View sono arrivati 48 miliardi di dollari in pubblicità dal 2001 dei quali meno di un terzo è tornato all’editoria online o ha portato beneficio a chi i contenuti li produce.
Con più precisione la WAN delinea tre punti fondamentali sui quali farsi domande riguardo “Googlehoo”. Innanzitutto il fatto che non essendoci competizione la pubblicità renderà sempre meno ai siti e quindi ai giornali, il posizionamento sui motori sarà più costoso e infine come conseguenza Google avrà un potere eccessivo sull’informazione dato dal controllo dei loro incassi. La WAN non manca poi di ricordare che Google è nemico giurato di chi produce contenuti, cosa dimostrata anche da ciò che succede su YouTube e dalle cause che vengono intentate senza soluzione di continuità.
Sembra dunque che l’associazione che riunisce i giornali di tutto il mondo si comporti come gli editori musicali e i produttori di cinema, volendo combattere l’innovazione (nello specifico avversando l’unione dei due colossi per motivi di antitrust) e il cambiamento nel concetto di copyright invece di cavalcarne le opportunità. Tale atteggiamento, va detto, fino ad ora non ha portato buoni risultati ai colleghi della musica e del cinema.