Un motore per file torrent è sotto accusa anche in Canada. La CRIA (Canadian Recording Industry Association) ha infatti accusato ISOHunt di essere un sito che fomenta la pirateria e dunque illegale. Il motore si è difeso, ma si dovrà comunque andare in aula.
Non è servito a nulla infatti affermare che i contenuti sono decisi dagli utenti e non sostano sui server del motore che dunque non ha responsabilità. La metafora del famoso caso Betamax (il primo videoregistratore che era accusato di pirateria perchè la gente ci registrava i telefilm) non ha retto, il giudice ha tirato in ballo la metafora del negozio d’armi che non può essere responsabile per l’uso che si fa delle pistole che vende ma che diventa co-responsabile se sa che saranno utilizzate per un crimine.
Minacciato più volte dalla CRIA, è stato ISOHunt stesso a far partire la causa cercando di dimostrare la neutralità dei motori di ricerca. Il sito vuole affermare che se il suo lavoro è illegale allora lo è anche quello di Google, MSN e Yahoo. In fondo anche attraverso Google si possono trovare file di dubbia legalità, così come su ISOHunt.
Il problema è che ISOHunt consente la ricerca unicamente per torrent, ben 44,77 milioni di file indicizzati contenenti il percorso per scaricare film, serie tv e musica a disposizione dei suoi 20 milioni di utenti regolari. Motivo che in passato ha messo ISOHunt al centro di un’altra causa simile con la MPAA.
Il processo dovrebbe quindi essere tutto intorno alla questione della consapevolezza del crimine. Mentre solitamente nelle cause statunitensi si discute sull’incitazione alla pirateria da parte dei motori, ora in Canada si discute su quanto ISOHunt, consentendo la ricerca solo di file torrent e non di tutto (compresi i file torrent) come Google, sia consapevole che ciò che indicizza sarà usato per la pirateria. La comunanza di operato tra motori di Torrent e motori di ricerca è una questione in discussione in queste settimane anche altrove: in Svezia la Baia dei Pirati è sotto accusa per motivi similari ed anche in questo caso la difesa ha tirato nella vicenda un motore come Google che, nel calderone del materiale indicizzato dalla rete, comprende anche gli stessi torrent per cui la Baia è sotto processo.