La polemica ha sempre accompagnato l’esistenza di App Store, dati i criteri piuttosto curiosi che lo staff Apple utilizzerebbe per approvare, o rifiutare applicazioni sul proprio negozio virtuale. C’è chi, tuttavia, si è spinto addirittura oltre: Google. I software pensati per Android, infatti, potranno essere cancellati da remoto dai telefoni degli utenti, su decisione insindacabile di bigG.
Le ragioni che porterebbero ad un simile intervento d’urto andrebbero a coprire quella zona grigia della sicurezza, spesso utilizzata come pretesto per altri scopi. Le applicazioni, infatti, dovrebbero essere attentamente vagliate prima di apparire sullo store Android, di conseguenza è difficile credere che si possano rivelare dannose per l’utente dopo il via libera di bigG.
La vicenda è salita agli onori di cronaca ieri, quando è stato effettuato un test di questo sistema. Due applicazioni rese attraenti per gli utenti, ma assolutamente non dannose, sono state cancellate da remoto e gli user sono stati avvisati della rimozione sul telefono. Ma, a differenza di quel che accade quotidianamente per Apple, nessuno si è appellato alla privacy, alla libertà degli utenti, alle pratiche anticoncorrenziali, al “Grande Fratello” di Orwell e via dicendo.
Difficile, perciò, capire la discriminante fra le due aziende. Quando Google limita, di fatto, le libertà d’uso degli utenti, riceve il plauso della stampa per la sua attenzione alla sicurezza. Quando Apple vieta un’applicazione per qualsiasi motivo, tra cui per l’appunto la sicurezza degli utenti, viene tacciata di becera censura.
Non è nostra intenzione giustificare a spada tratta le scelte di App Store, ampiamente criticate anche su questo blog, ma probabilmente questa diversità rende bene il metro di misura con cui gli esperti di settore son soliti giudicare Apple: il pregiudizio.