Il 2016 ha un giorno in più: il 29 febbraio. È dunque un anno bisestile, che si compone di 366 giornate anziché di 365 come avviene solitamente. Una cosa che accade ogni quattro anni, ma per quale motivo? Si tratta di un accorgimento introdotto nella quasi totalità dei calendari, per evitare che nel lungo periodo si verifichi lo slittamento delle stagioni.
La regola generale per stabilire se un anno è bisestile o meno è quella di prendere le ultime due cifre (in questo caso “16”) e controllare se dividendole per 4 restituiscono un numero intero. Per quanto riguarda gli anni secolari (come “100”, “200” ecc.), invece, si tratta di bisestili solamente quando sono divisibili per 400. Dunque, il 2000 lo è stato, mentre il 1800 e il 1900 no, così come non lo sarà il 2100. L’immagine realizzata da bigG è piuttosto semplice: due piccole lepri, “28” e “1”, dormono tranquille al centro dell’animazione, poi “29” arriva e ci si infila nel mezzo, ritardando così concettualmente il passaggio tra febbraio e marzo.
In passato i romani aggiungevano il giorno in più dopo il 24 febbraio, chiamandolo “Sesto giorno prima delle Calende di marzo” (“sexto die ante Kalendas Martias”) o “Sesto giorno ripetuto” (“Bis sexto die”), da cui deriva appunto il termine “bisestile”. In inglese lo si chiama “leap year”, ovvero “anno del salto”, il che rende facilmente comprensibile perché Google abbia scelto proprio le lepri per il suo doodle odierno.
Una curiosità: in Svezia il 1712 fu un anno doppiamente bisestile, con anche il 30 febbraio nel calendario. Ancora, scaramanzie e credenze popolari hanno spesso associato all’anno bisestile l’accadimento di sventure, coniando il proverbio “Anno bisesto, anno funesto”.
L’anno bisestile ha causato qualche problema in passato ai sistemi informatici: celebre il caso Azure, con la tecnologia cloud di Microsoft che il 29 febbraio 2012 ha smesso di funzionare correttamente a causa di un bug.