Nella serata di ieri milioni di siti Web sono rimasti intrappolati nella guerra che gli Anonymous hanno scagliato contro il provider statunitense GoDaddy. Il riferimento plurale agli Anonymous è però relativo soltanto alla rivendicazione che il gruppo ha fatto propria, ma in realtà la responsabilità dell’azione sarebbe di un solo membro che si è presto autoaccreditato meriti e colpe (a seconda del punto di vista) dell’accaduto.
Il membro che ha rivendicato su Twitter l’operazione è denominato AnonymousOwn3r, che gli Anonymous hanno presto salutato con un “bentornato” che lascia intendere già precedenti contatti tra le parti. L’esito è stato un “Tango Down” durato ore e che soltanto nella mattinata di oggi inizia ad incontrare i primi segni di ritorno alle attività. Bloccate, nella fattispecie, tutte le attività del provider: dall’hosting ai DNS, fino alle caselle email ed i servizi di assistenza. Gran parte della clientela GoDaddy è stata pertanto bloccata per ore e con essa migliaia di piccole aziende, blog e siti personali.
Non è chiara al momento la motivazione dell’attacco, ma già in passato GoDaddy è stata al centro delle polemiche a seguito di un pubblico supporto alla SOPA che ha consigliato anche a Wikipedia di trasferire le proprie attività verso un provider differente. Nulla, al momento, consente però di ricollegare i fatti di allora con il Tango Down odierno.
Nel comunicare agli utenti il ritorno alle attività tramite i propri Status Update, GoDaddy rilascia anche un aggiornamento fortemente atteso fin dall’inizio del black-out: nessun dato personale sarebbe stato compromesso durante l’attacco, il che limita alle sole funzionalità del servizio gli effetti dell’attacco giunto dagli Anonymous.