«Che si voglia mettere fine al digital divide italiano è un obiettivo auspicabile e da sostenere con forza e che evidentemente ha l’appoggio di chiunque, non solo i soggetti direttamente interessati al tema, perchè porta nuovi strumenti per generare ricchezza, e per rendere più efficienti processi già esistenti. Il fatto che lo Stato finanzi pesantemente questi obiettivi è una cosa di fondamentale importanza, ma è assolutamente necessario ottimizzare in ogni modo possibile la spesa; una serie di finanziamenti a pioggia non garantiscono l’ottenimento del risultato».
Con queste parole l’associazione Anti Digital Divide ha introdotto la propria analisi di quel che il Governo ha annunciato di voler fare per muoversi nella direzione indicata dal Rapporto Caio. La voce dell’Anti Digital Divide è quella che più di ogni altra si muove con l’autorevolezza del “noi lo avevamo detto”: da anni, infatti, il gruppo sottolinea l’importanza della riduzione del divario digitale come obiettivo primario per la nostra nazione. Guardare alla banda larga in sé, infatti, è evidentemente un approccio fuorviante: la copertura geografica e le distorsioni del digital divide, invece, sono la vera palla al piede dell’Italia della tecnologia.
Ma anche il nuovo piano illustrato da Romani, secondo ADD, è viziato da un atteggiamento eccessivamente accondiscendente nei confronti dell’incumbent: «Il piano di Romani sul digital divide sembra che di fatto avvantaggi un solo operatore, cioè l’operatore dominante, Telecom italia, che ottiene lauti finanziamenti contro il digital divide, dopo aver installato migliaia di MiniDslam (che ancora oggi si ostina ad installare); facendoli passare per la soluzione a tutti i mali dei digital divisi, cosa che evidentemente non sono, visto che il problema è ancora più vivo che mai. Questi finanziamenti, che sono caldamente attesi da tutti gli utenti (circa il 40% delle centrali ne sarebbero interessate), potrebbero però aiutare l’incumbent a rafforzare la sua posizione dominante a discapito degli operatori WIFI e WIMAX che con fatica coprono i “buchi” (o voragini) che Telecom lascia nella banda larga italiana».
Secondo ADD non è un caso se le dichiarazioni successive al piano del Governo siano state favorevoli nel caso di Bernabé, ma trasudanti meno entusiasmo da parte di Fastweb e Vodafone. Ma ancora una volta solo la concretezza può essere la vera risposta al problema: «La nostra associazione chiede da anni l’inserimento della banda larga nel Servizio Universale poichè questo garantirebbe i cittadini dai continui soprusi che sono costretti a subire sulle loro connessioni (adsl che viaggiano a 56k, rete satura, etc.) e ritiene che nella lotta al Digital Divide sia venuto il momento di dare una data e una roadmap precisa per arrivare ad inserire la velocità di almeno 640kb/s nell’art 3 del Decreto del Presidente della Repubblica 318/97, entro pochi mesi, non anni o “legislature”, come purtroppo ormai siamo stati abituati a conteggiare i cambiamenti; mettendoci, finalmente, al passo di Svizzera, Svezia ed altri paesi dove questo è già avvenuto. Se vogliamo lottare contro il digital divide sul serio, è necessario puntare a risolvere il problema NON dove non c’è l’ADSL, ma dove non esiste nessuna possibilità di usufruire di un servizio a larga banda, qualunque esso sia».