La Commissione europea ha imposto a Google un’ammenda di 2,42 miliardi di euro per violazione delle norme antitrust. Secondo gli analisti della commissione alla Concorrenza, la società di Mountain View avrebbe abusato della sua posizione dominante sul mercato in quanto motore di ricerca accordando un vantaggio illegale al suo servizio di comparazione degli acquisti.
La commissaria Margrethe Vestager lo ha appena ribadito su Twitter: il comparison shopping di Google è illegale secondo i criteri europei e deve subito essere bloccato, mentre l’azienda deve pagare i quasi due miliardi e mezzo di ammenda, una cifra molto più alta di quella immaginata dalle prime indiscrezioni qualche settimana fa. Confermato invece il vulnus, da anni al centro di diverse indagini dell’Antitrust, alcune anche già concluse, cioè le modalità con le quali la società mostra i risultati indicizzati nel motore di ricerca in seguito a una query.
.@Google gave illegal advantage to own comparison shopping service by abusing its search dominance: It must stop & pay fine of €2,4 bn.
— Margrethe Vestager (@vestager) June 27, 2017
Nel caso specifico, il vecchio Froogle, rinominato Google Product Search nel 2008 e Google Shopping nel 2013. Un prodotto che consente ai consumatori di raffrontare i prodotti e i prezzi online e individuare offerte proposte da rivenditori online di tutti i tipi, tra cui negozi online dei produttori, piattaforme come Amazon e eBay e altri rivenditori. E qui scatta il problema: Google ha promosso sé stessa tra i risultati della ricerca retrocedendo i concorrenti. Sarebbe normale per un’azienda privata dare prevalenza ai propri clienti rispetto agli altri clienti, e i propri prodotti rispetto agli altri prodotti, ma l’ottica con cui Bruxelles ha sempre visto il motore di ricerca è ben diversa: una posizione così dominante da corrispondere a una sorta di servizio universale.
La motivazione
La motivazione di questa sentenza dell’antitrust è ben riassunta dalla stessa Vestager, che parla di un “comportamento illegale” di Google ai sensi delle norme antitrust dell’UE:
(Google) ha impedito ad altre imprese di competere in base ai propri meriti e di innovare. Ma soprattutto ha negato ai consumatori europei la possibilità di scegliere liberamente i servizi e di sfruttare appieno i vantaggi dell’innovazione.
Le accuse circostanziate sono due: avere sistematicamente attribuito una posizione preminente al proprio servizio di acquisti comparativi, dunque superando gli automatismi degli algoritmi; avere manipolato questi stessi algoritmi per retrocedere gli altri concorrenti, sfruttando la regola nota per cui i primi dieci risultati della ricerca generica a pagina 1 di solito ricevono circa il 95% di tutti i clic (il 35% dei quali va al primo risultato). Dall’inizio di ciascun abuso, secondo l’antitrust il servizio di Google ha registrato un incremento del traffico di 45 volte nel Regno Unito, 35 in Germania, 19 in Francia, 29 nei Paesi Bassi, 17 in Spagna e 14 in Italia.
Per formulare la sua decisione, che Google dovrà rispettare entro 90 giorni, la Commissione ha raccolto documentazione fisica di Big G e di altri operatori, cinque terabyte di risultati su Google (circa 1,7 miliardi di ricerche), ha dato mandato di analizzare l’impatto dei risultati della ricerca sul comportamento dei consumatori e sul mercato, ha analizzato anche i dati finanziari e sul traffico che attestano l’importanza commerciale della visibilità dei risultati della ricerca su Google e le conseguenze della retrocessione e infine lanciato un questionario per centinaia di imprese europee coinvolte.
Il commento di Google
Kent Walker, General Counsel di Google, ha commentato questo “caso shopping” europeo, confermando l’atteggiamento rispettoso verso la Commissione Europea e la possibilità di ricorrere in appello (decisione ancora non presa ufficialmente):
Quando fate acquisti online, quello che volete è trovare in maniera facile e veloce i prodotti che state cercando. Allo stesso tempo, chi li vende vuole promuovere questi stessi prodotti. Ecco perché Google mostra annunci pubblicitari Shopping, mettendo in contatto le persone con migliaia di inserzionisti, grandi e piccoli, portando benefici ad entrambe le parti. Siamo rispettosamente in disaccordo con le conclusioni annunciate oggi. Analizzeremo nel dettaglio la decisione della Commissione, considerando la possibilità di ricorrere in appello, e continueremo a sostenere la nostra causa.