Un antico adagio dice che solo gli stolti non cambiano opinione e dalle parti di Cupertino, evidentemente, stolti non sono, come confermato con i fatti avvenuti nelle scorse ore. Secondo quanto rilevato da alcuni attenti osservatori in Rete, Apple ha infatti cambiato la contestata politica che prevedeva l’obbligo di acquisti in-app per le applicazioni disponibili sul suo App Store.
L’inversione di rotta è stata confermata dalle App Store Review Guidelines, che nel giro di pochi minuti sono state presentate in due diverse versioni molto diverse, con la seconda che ha praticamente ribaltato la situazione dimostrando il cambio di strategia di Apple, la quale ha deciso di abolire l’obbligo introdotto a inizio 2011 che costringeva i programmatori a offrire i propri software sull’App Store allo stesso prezzo, se non inferiore, di quanto fatto su siti terzi, regalando così un certo vantaggio competitivo al proprio store nei confronti della concorrenza, ma limitando di molto la libertà della community che si dedica alla creazione di app.
Una situazione che aveva il sapore di un “aut aut”, tanto da far propendere alcuni per la rinuncia a offrire le proprie applicazioni su App Store, mentre altri, al contrario, accettavano l’imposizione pur perdendo una certa autonomia decisionale.
Adesso, però, tutto sembra orientato a cambiare, con gli sviluppatori che avranno una diversa libertà di scelta, potendo decidere anche, eventualmente, di portare la propria offerta su App Store applicando un rincaro fino al 30% (sufficiente a coprire il margine di guadagno che va ad Apple) rispetto ai prezzi offerti su altri store.
Ci si trova di fronte a un dietrofront che apre anche alla vendita esterna, una scelta che il gruppo di Cupertino ha preso probabilmente per evitare uno scontro con i grandi nomi dell’editoria, i quali non vedevano con favore la politica di imposizione di Apple e si stavano guardando attorno per affidare le proprie applicazioni a negozi alternativi, come accaduto ad esempio con due grandi nomi del calibro di Playboy e Financial Times, che avevano preferito evitare di affidare le rispettive app ufficiali a App Store.
Insomma il passo indietro di Apple, seppur non motivato dalla volontà di regalare maggior libertà agli sviluppatori, bensì dal voler mantenere la propria leadership, si presenta come una decisione che apre nuovi scenari, tanto da poter risultare molto importante alla luce della sempre maggiore competitività nel settore.