Apple arriva a Napoli con la iOS academy

Accordo siglato tra Apple e Università Federico II, investimento da diversi milioni: la prima scuola di sviluppatori in Europa al campus di ingegneria.
Apple arriva a Napoli con la iOS academy
Accordo siglato tra Apple e Università Federico II, investimento da diversi milioni: la prima scuola di sviluppatori in Europa al campus di ingegneria.

Cupertino ha deciso. Dopo i sopralluoghi nella città partenopea, la iOS academy, la prima scuola per sviluppatori della mela morsicata in Europa, sarà a San Giovanni a Teduccio nel polo di ingegneria costruito negli ex capannoni Cirio. Lo hanno comunicato l’Università Federico II e il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il quale ha ricordato la visita di Tim Cook a palazzo Chigi in gennaio, prodromo di questo accordo del valore di 12 milioni di euro per un corso che aprirà ufficialmente ad ottobre 2016 con oltre 200 studenti il primo anno e 400 in futuro.

La iOS Developer Academy prevede un corso di nove mesi, progettato e supportato da Apple, presso una struttura dedicata nel nuovo campus, con laboratori e prodotti hardware e software Apple, ospitati in una struttura che verrà adeguata dalla stessa università. Il valore di questa iniziativa è facile da intuire: non solo l’Italia è sede di una scuola unica nel suo genere, ma si stabilisce anche in una città dove c’è senz’altro bisogno di investimenti sull’occupazione giovanile. Dell’importanza di queste competenze non c’è neanche da discutere: da qui al 2020 mancano, secondo la Commissione Europea, almeno 700 mila posti di lavoro nel settore del digitale, perciò un progetto triennale che produca centinaia di sviluppatori con una certificazione Apple che non dovranno certo aprire la famosa “pizzeria” (con tutto il rispetto per la pizza, peraltro a Napoli buonissima) è un tema che va decisamente sprovincializzato. Non ha alcun senso criticare lo sbarco di Apple, né la supposta subordinazione della politica alle multinazionali: magari il classico post col ditino puntato è scritto su un iPhone e pubblicato su un social network.

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Il corso di Apple

Questa particolare scuola a brand privato incubata dentro un campus universitario prevede due semestri con diversi obiettivi. Nei primi sei mesi lo studente migliora ed eleva le sue competenze nello sviluppo software su iOS; durante il secondo semestre invece il corso si occupa della creazione di startup e progettazione, e vengono creati gruppi per la creazione di app che potrebbero eventualmente arrivare all’App Store.

Luca Maestri, CFO di Apple, commentando l’accordo di cooperazione che prevede un investimento di 5,5 milioni di euro su base triennale (per pagare docenti e alcune borse di studio, a cui vanno aggiunti i 7 milioni di euro annunciati dalla Regione Campania per altre mille borse di studio), ha citato la qualità degli sviluppatori italiani ed europei:

Alcuni degli sviluppatori più creativi al mondo arrivano dall’Europa, e siamo certi che questo centro aiuterà la prossima generazione ad acquisire le competenze necessarie per avere successo.

Naturalmente è pienamente soddisfatto anche il rettore dell’Università Federico II, Gaetano Manfredi, secondo il quale questa academy «rappresenta un complemento ai programmi tradizionali» e dice qualcosa di nuovo e rilevante nell’intero ambito nazionale anche per le sue caratteristiche: il corso mette radici in un campus e valorizza i suoi spazi, è completamente gratuito, somiglia alla creazione di un cluster territoriale. Gli studenti che desiderano saperne di più o candidarsi devono andare sul sito unina.it: sarà chiesto di fare un test online in italiano o in inglese, superato il quale potranno accedere alla fase successiva che prevede un colloquio. I candidati non devono necessariamente avere una formazione in information technology in quanto il corso è stato progettato per supportare un mix eterogeneo di futuri sviluppatori che spazia in diversi settori. L’Università ha anche in piano di assumere degli insegnanti nei prossimi mesi con bandi di evidenza pubblica, si cercano profili che vanno da sviluppatori esperti a designer e docenti di programmazione.

Renzi, Cook e le aspettative

Il piano di creare una iOS Developer Academy specializzata a Napoli è stato annunciato per la prima volta a gennaio da Tim Cook, CEO di Apple, quando venne in visita a Matteo Renzi. L’obiettivo è contribuire ad aumentare il numero di sviluppatori di applicazioni con un livello superiore di preparazione, in Italia ed Europa. L’effetto desiderato è quello di rimpolpare l’app store, che contiene già due milioni di applicazioni, che ha dal 2008 ad oggi ha creato un settore completamente nuovo con oltre 1,2 milioni di posti di lavoro.

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Il 22 gennaio scorso il CEO di Apple, Tim Cook ha incontrato il presidente del Consiglio Matteo Renzi a Palazzo Chigi. In quella occasione l’amministratore delegato della società californiana ha annunciato l’intenzione di aprire a Napoli una scuola per sviluppatori di applicazioni per i device della mela morsicata.

Giorgio Ventre: come i laboratori rinascimentali

Giorgio Ventre, professore presso la “Federico II” e direttore del laboratorio nazionale ITEM presso il Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica, ha seguito passo dopo passo questo accordo. È lui a spiegarne la filosofia più che il lato business.

Progetti come questi cambiano l’università: in meglio oppure è una ibridazione innaturale?
A mio avviso il progetto non è soltanto l’investimento di Apple, anche se è certamente importante e decisivo. Stiamo decidendo cosa deve diventare, come deve cambiare l’università. Chiediamoci se i corsi strutturati, primo e secondo livello, tradizionali, servono in ambiti come il digitale: ha senso impiegare cinque anni per conseguire un titolo spendibile in un settore che cambia ogni cinque mesi? Nella dicotomia fra corsi tradizionali e formazione autonoma, forse l’università può giocare, rischiare.

Il corso di Apple come si struttura? È vero che non ci saranno neppure le cattedre?
Così come in certe discipline ha più senso un corso di questo tipo, ci si deve ispirare più ai laboratori che non alle classi scolastiche per realizzarlo. I docenti gireranno tra i tavoli, nessuna cattedra. Ma l’aspetto più curioso e stimolante sa qual è? Che tutti parlano di silicon valley, ma questo modello in realtà è nostro.

Cioè l’abbiamo inventato in Italia? Quando?
Durante il Rinascimento. Il laboratorio rinascimentale, ho letto qualche tempo fa sulla Harvard Rewiew, è anche più efficiente della silicon valley. E noi aspiriamo a rappresentare, con questa accademia per sviluppatori, un piccolo esempio di come si potrebbe adottare dentro l’università. Un laboratorio artigianale italiano capace di innovazione, con una ricaduta economica positiva e duratura. Il nodo della formazione futura passa da qui.

Funzionerà?
Non lo possiamo sapere, ma secondo me sì.

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