Riflettori sempre puntati su Apple in Cina, ma questa volta non per gli ormai famosi casi di sfruttamento della manodopera presso le società partner. Secondo quanto riportato da alcune fonti asiatiche, un fornitore di Cupertino sarebbe stato condannato per inquinamento delle falde acquifere. Dopo lo scandalo sulle condizioni lavorative in oriente, per la Mela è il turno della polemica ambientale?
RiTeng, una delle società di cui Apple si avvale per la fabbricazione della scocca di iPad, è stata condannata dalle corti locali per aver immesso liquidi di scarto del metallo – tossici per la salute animale e umana – nel sistema di drenaggio delle piogge di Shanghai, collegato a importanti corsi d’acqua.
L’Environmental Protection Bureau della città pare abbia comminato all’azienda una cara multa, dopo averne sospeso le attività a data da destinarsi, ovvero fin quando lo smaltimento dei rifiuti di produzione non seguirà le norme dettate dalla legge. Il caso è scoppiato quando i cittadini delle aree adiacenti alla fabbrica si sono preoccupati per anomalie nell’acqua di irrigazione:
«L’acqua aveva il colore del latte, sembrava qualcuno l’avesse usata per sciacquare del riso. Puzzava molto, sebbene non abbiamo mai capito da dove provenisse. L’erba sulle rive del fiume è completamente morta».
La società si è difesa sostenendo di aver subito una perdita “accidentale”, causata dal comportamento anomalo di alcuni operai che avrebbero deliberatamente gettato le sostanze di rifiuto nel sistema di drenaggio. Ancora una volta, perciò, le aziende cinesi confermano la loro scarsa attenzione nei confronti dei lavoratori, accusati di fatti di cui non possono ovviamente essere responsabili.
La stessa RiTeng ha voluto rilasciare un comunicato alla stampa, con cui afferma di essere stata accusata ingiustamente:
«Non siamo l’unica azienda della zona e quale fabbrica non scarica sostanze in acqua? È ingiusto incolpare noi per l’incidente. Tutti i nostri rifiuti di produzione vengono trattati prima dello smaltimento. Questo è un incidente che non è collegato alla produzione.»
In definitiva, una nuova gatta da pelare per Cupertino, già da qualche anno sotto gli occhi attenti di organizzazioni come Greenpeace, prima per la fabbricazione dei Mac e poi per il supposto inquinamento per i datacenter dei servizi cloud. Apple scenderà direttamente in campo anche questa volta, così come già successo per la salvaguardia delle condizioni di lavoro degli operai Foxconn?