«Il primo app store al mondo per adulti». Con questa frase MiKandi descriveva fino a pochi giorni fa il proprio servizio, dedicato esclusivamente alla piattaforma Android e che permetteva di scaricare contenuti a luci rosse sui propri dispositivi mobile. Tale descrizione non è però andata giù ad Apple, che ha immediatamente inviato una richiesta scritta per la rimozione del termine “app store”.
Come ben noto, infatti, “app store” è un marchio di cui Cupertino detiene ogni diritto e sul quale Apple pretende il rispetto dei diritti medesimi. L’utilizzo di tale termine per descrivere altri negozi virtuali di applicazioni è dunque proibito dalle leggi in quanto risulta essere un marchio registrato: Apple, d’altra parte, ha da sempre preteso l’esclusiva su quello che è diventato uno dei tasselli più famosi ed importanti dell’ecosistema della Mela. La richiesta inviata dal gruppo a MiKandi è stata dunque seguita da una rapida modifica alla descrizione dello store, che ora parla di “app market per adulti”.
Oltre alla chiara violazione di un marchio registrato, a spingere il gruppo di Cupertino in tale direzione potrebbe essere anche l’accostamento di tale termine al mondo della pornografia, che da sempre cerca di tenere a distanza di sicurezza dal proprio store di applicazioni per iOS. Le politiche adottate da Apple in tal senso sono estremamente rigide: ogni applicazione che approda su App Store deve essere accessibile tanto dagli adulti quanto dai più piccoli, pena l’esclusione dallo store.
Per quanto Apple detenga i diritti sul marchio, tuttavia, la vicenda riporta a galla la questione dell’effettiva possibilità di brevettare un termine generico quale “app store”. La richiesta effettuata da Cupertino getterà con ogni probabilità nuova carne sul fuoco nel duello legale contro Microsoft, che chiede a gran voce l’eliminazione dello status di marchio registrato. La mossa Apple è tuttavia una mossa obbligata: dopo aver denunciato Amazon per la medesima violazione, il passaggio per MiKandi è un passo obbligato che potrebbe peraltro giovare i legali di Cupertino favorendo l’attacco contro una realtà minore e con minori risorse per una difesa efficace.
In ballo v’è il trademark sul nome “App Store”, che Apple ha imposto come nuovo mantra dello sviluppo di servizi online e su cui ora vorrebbe per sé l’uso esclusivo. E sul quale la guerra legale è esplosa ben presto.