Chi ricorda quel che fu 23andMe, ben sa di cosa si sta parlando. E subito arriva quindi alla domanda finale: sarebbe cosa sicura affidare il proprio DNA ad una multinazionale? Perché questo è quel che Apple sembra possa aver intenzione di fare: raccogliere il DNA degli utenti per metterlo a disposizione della ricerca scientifica. Quella che al momento è mera ipotesi, apre orizzonti tanto suggestivi quanto pericolosi, andando a solleticare entusiasmi e paure ancestrali di fronte alla raccolta globalizzata di quello che è il codice sorgente dell’umanità.
Sulla base di quanto trapelato da un report Technology Review, Apple avrebbe intenzione di offrire agli utenti (a partire dagli USA) un kit per la raccolta del DNA. Si tratterebbe del medesimo sistema già utilizzato proprio da 23andMe (gruppo fondato da Anne Wojcicki, al tempo moglie del co-fondatore di Google Sergey Brin): un piccolo raccoglitore di saliva, dotato di alcune sostanze conservanti, che permette di inviare un campione del proprio DNA direttamente in laboratorio per l’analisi e la registrazione. L’ipotesi è quella per cui, a partire dal campione stesso, l’utente può diventare un volontario di alto profilo per gli esperimenti veicolati tramite Research Kit. E si tratta chiaramente di una ipotesi affascinante: i dati raccolti tramite lo smartphone, infatti, andrebbero a completare un quadro genetico già in archivio e la forza dell’analisi dei dati farebbe il resto. Grazie alla statistica, insomma, sarebbe più semplice capire l’origine di talune morti inspiegabili, la natura di certe malattie, forse le caratteristiche di talune mutazioni.
La questione è estremamente delicata. 23andMe, infatti, partì con grandi propositi (nonché con un testimonial d’eccezione quale Sergey Brin, che tramite l’esperimento scoprì una mutazione genetica che avrebbe potuto portarlo a contrarre il morbo di Parkinson). Proprio la correlazione causa-effetto, però, divenne presto il collo di bottiglia del progetto: la Food and Drug Administration ha fermato il progetto di Anne Wojcicki e Linda Avey a causa della cattiva comunicazione nei confronti degli utenti, molti dei quali avrebbero potuto interpretare i dati risultati non come una sorta di quadro indiziario, ma come una vera e propria diagnosi di fronte alla quale necessariamente reagire.
Un problema etico
L’ipotesi è del tutto in linea con le finalità del Research Kit, e ne rappresenterebbe una forte leva di crescita. Tuttavia è evidente la summa di problematiche che la medesima ipotesi è giocoforza costretta a sollevare. Apple è infatti un gruppo di grande potere, economico e di mercato, con un grande rapporto di fiducia costruito nel tempo con la propria community e tale da poter agire in modo capillare grazie alla forte diffusione dei propri device. Affidare il DNA ad un sistema che, pur con tutte le garanzie del caso, andrebbe a gestire i dati di milioni di persone, è qualcosa che solleva problematiche etiche fondamentali. Sebbene il profilo del concetto di privacy vada ormai sbiadendo, è pur vero che un qualche limite tutto ciò deve presto o tardi trovarlo: limitare la ricerca nel nome della privacy è però il contrappeso giusto per strumenti che alla ricerca scientifica potrebbero dare molto, restituendo moltissimo alle potenzialità della medicina?
Secondo le ipotesi trapelate, il kit per la raccolta del DNA potrebbe essere presentato già in occasione della prossima WWDC del mese di giugno. A quel punto molte cose saranno chiarite ed ancora una volta le parti si divideranno tra apocalittici e integrati per contendersi il futuro. Ma la posta in palio non è forse stata mai così importante.