I dati diramati da Apple negli ultimi giorni rappresentano l’ennesima conferma dell’eccellente stato di forma vissuto dal gruppo di Cupertino, i cui guadagni risultano essere in buona parte frutto delle crescenti vendite a livello globale. Ma non solo: un’analisi condotta dal New York Times è riuscita infatti a sviscerare l’intricato puzzle costruito dall’azienda al fine di ottenere importanti benefici a livello fiscale, mediante una serie di escamotage del tutto legali ed utilizzati da numerose altre aziende, i quali consentono alla mela morsicata di beneficiare di regimi fiscali sensibilmente più vantaggiosi rispetto a quelli vigenti in California.
Mediante un gioco che da un certo punto di vista ricorda molto da vicino le celeberrime “scatole cinesi”, Apple è riuscita a creare un apparato di filiali e società controllate distribuite in tutto il mondo in maniera strategica, così da sfruttare i benefici concessi da diverse nazioni dal punto di vista fiscale. Una filiale nel Nevada, ad esempio, gestisce buona parte dei profitti del gruppo con tasse sostanzialmente nulle, mentre qualora la stessa operazione venisse realizzata dalla sede centrale di Cupertino costerebbe ad Apple l’8.4% in tasse.
Il New York Times prende in rassegna poi le sedi estere della mela morsicata, mettendo in evidenza due stratagemmi denominati rispettivamente “doppio irlandese” e “sandwich olandese”: una prima filiale irlandese gestisce i ricavi derivanti dai brevetti con un regime fiscale del 12.5%, quasi un terzo di quello statunitense, mentre una seconda funge da filtro verso l’Olanda, ove una terza azienda controllata dalla mela si occupa di distribuire grosse cifre presso conti radicati in veri e propri paradisi fiscali, il tutto con un ulteriore passaggio attraverso i Paesi Bassi che consente di ottenere importanti vantaggi economici.
Sempre in Europa, poi, Apple ha deciso di dar vita ad iTunes S.r.l., gruppo che si occupa di gestire i ricavi del gruppo provenienti dalla distribuzione di contenuti digitali (musica, film, applicazioni ed e-book) mediante l’iTunes Store: la sede principale è in Lussemburgo, ove ogni anno incamera cifre superiori al miliardo di dollari, usufruendo tuttavia di un regime fiscale piuttosto generoso rispetto a quello di altre nazioni europee.
Tutte queste tecniche messe in risalto dal Times non risultano tuttavia essere in alcun modo contrarie alle leggi che gestiscono il mondo finanziario negli Stati Uniti ed Apple ha quindi tenuto a rispondere alle accuse mosse dal quotidiano sottolineando come soltanto nella prima metà del 2012 (inteso come anno fiscale) l’azienda abbia pagato tasse negli USA per oltre 5 miliardi di dollari, i quali si affiancano agli svariati miliardi versati nelle casse dello stato negli anni precedenti e rappresentano per l’azienda una dimostrazione di come essa possa rappresentare un’importante risorsa per tutta la nazione, anche grazie agli oltre 500 mila posti di lavoro messi a disposizione nel paese americano.