Apple potrebbe tornare davanti alle corti, non però per colpa di Samsung o di qualche altro agguerrito competitor. La nuova causa che vede coinvolta la Mela suo malgrado riguarda un uomo del Tennessee, negli Stati Uniti, il quale ha deciso di denunciare il colosso informatico per la sua dipendenza dalla pornografia.
«Internet was made for porn»: così recita uno dei meme più diffusi sul Web. E probabilmente il denunciante ha preso questa indicazione alla lettera, considerato come dall’utilizzo del suo Mac abbia sviluppato una dipendenza da contenuti a luci rosse. Tutta colpa di Safari, sostiene il suo avvocato, privo di appositi filtri per prevenire l’accesso ai contenuti XXX.
Un’impossibilità di rinunciare all’erotismo in Rete che sarebbe costata all’uomo la fine del suo matrimonio, a cui si aggiunge un ricovero in clinica. Una situazione non più gestibile, di cui oggi si richiede l’intervento della giustizia.
Il cliente ha subito un dolore emozionale che ha richiesto il ricovero ospedaliero. […] Apple dovrebbe sapere che impatto abbia tale condizione sulle fondamenta di una famiglia, sulla capacità di produrre reditto e via dicendo. Apple dovrebbe vedere questa causa come un campanello d’allarme per una class action, qualora decidesse di opporsi alle ragionevoli richieste del cliente.
Così si è espresso Chris Sevier, il legale dell’accusa. Per quale motivo, tuttavia, la Mela dovrebbe essere giudicata responsabile delle abitudini di navigazione dei propri utenti? Secondo l’uomo e il suo avvocato, Cupertino avrebbe dovuto prevedere di default dei filtri al porno via Safari, addirittura imbastendo un sistema per la richiesta scritta al gruppo per poter sbloccarne eventualmente le funzioni. Apple non è tuttavia responsabile di quel che viene pubblicato in Rete, tantomeno non può ergersi a giudice morale di cosa sia lecito guardare via browser e cosa, invece, sia esecrabile. La causa potrebbe avere qualche fondamento qualora la pornografia fosse unicamente accessibile via Mac e solo su Safari, in realtà si tratta di materiali online tecnologicamente ubiquitari, tant’è che risultano disponibili per ogni sistema operativo desktop e su ogni browser a disposizione, da Opera a Chrome passando per Firefox. Nonostante su App Store la società abbia già provveduto all’eliminazione della pornografia, non può di certo bloccare Safari su Mac e nemmeno raccogliere documentazioni scritte dagli utenti affinché abbiano accesso alle eventuali chiavi di sblocco. Non sarà, allora, che certe querelle legali mettano ad alcuni l’acquolina in bocca?