Apple ha accettato di partecipare per la prima volta a un confronto con cinque gruppi ambientalisti operanti in Cina, con lo scopo di fare chiarezza sulle pratiche della società di Cupertino e dei suoi fornitori, più volte finiti nel mirino delle associazioni a causa di presunte violazioni delle leggi riguardanti l’inquinamento e il rispetto dell’ecosistema locale.
Secondo Ma Jun, uno dei portavoce dei gruppi coinvolti (Institute of Public and Environmental Affairs), si tratta di un passo nella giusta direzione, ma non ancora sufficiente per sollevare Apple dalle accuse di gestire in modo poco limpido i rapporti con le aziende che si occupano di produrre componenti destinate a device come iPhone e iPad. Inoltre, potrebbero essersi verificate alcune pressioni da parte della mela morsicata per evitare i controlli delle autorità.
A mettere il gigante californiano in una posizione scomoda è la scelta di etichettare come “segreto commerciale” tutte le informazioni riguardanti l’inquinamento prodotto da 15 fornitori di cui non si è a conoscenza (ad eccezione di Foxconn e WinTek), impedendo così alle associazioni ambientaliste di verificare dati alla mano l’impegno per ridurre le emissioni nocive e gli altri effetti negativi sull’ambiente derivanti dai processi di lavorazione.
Ci sarà dunque da far luce su alcune ipotesi secondo le quali Apple favorirebbe, anche indirettamente, lo smaltimento non regolare delle sostanze tossiche residue, con inevitabili rischi per la salute dei dipendenti e di chi risiede nelle zone interessate. L’azienda di Cupertino, interpellata per un commento sull’incontro, non ha rilasciato alcuna dichiarazione.