Apple conferma l’intenzione di un ricorso contro la Commissione Europea, in risposta alla multa di 13 miliardi di euro comminata lo scorso agosto, dovuta a un trattamento fiscale vantaggio di cui l’azienda avrebbe goduto in Irlanda. E a seguito delle dichiarazioni del governo irlandese, pronto a sostenere quella europea sia “un’inferenza sui nostri affari interni”, giunge la risposta del gruppo di Cupertino, così come si apprende da un aggiornamento di Reuters.
La vicenda è ormai ben nota: lo scorso 30 agosto, la Commissione Europea ha richiesto ad Apple di versare 13 miliardi di euro come compensazione per un trattamento fiscale vantaggioso, considerato inammissibile, di cui avrebbe goduto in Irlanda. Secondo i dati resi noti dalla stessa Commissione, Apple avrebbe goduto di accordi particolarmente favorevoli, tanto che nel 2014 avrebbe versato soltanto lo 0.005% di tasse. Negli scorsi giorni, il governo irlandese si è voluto opporre a questa decisione, sostenendo come le cifre rese note dalla Commissione Europea non siano effettive né reali, tacciando l’intervento come un’inferenza di Bruxelles sugli affari della nazione. Nel frattempo, è giunto il parere ufficiale di Apple, pronta a confermare come la settimana prossima consegnerà tutta la documentazione idonea al ricorso.
A rivelarlo è l’agenzia Reuters, con gli ingerventi del General Counsel dell’azienda Bruce Sewell nonché del CFO Luca Maestri, sulla base di quattro punti principali che costituiranno il cuore del ricorso. Innanzitutto, Cupertino ritiene che la Commissione Europea abbia erroneamente ritenuto due filiali esistenti solo sulla carta, quando si tratterebbe invece di due controllate effettivamente esistenti e gestite dal gruppo. A questo, Apple aggiunge come la multa comminata sia in contrasto con le leggi irlandesi in materia di tributi, nonché come la stessa Commissione non abbia vagliato il parere degli esperti irlandesi sulle leggi fiscali. Il tutto porterebbe al quarto punto: il gruppo pare ritenga di essere diventato il target di un’azione mediatica, tanto che l’importo delle sanzioni sarebbe stato appositamente massimizzato.
Secondo Sewell, la Commissione Europea potrebbe aver approfittato della situazione facendo leva sull’attenzione mediatica che la Mela è in grado di suscitare, perché “è un target conveniente che genera molti titoli”. Maestri, nel frattempo, ha definito una “teoria assurda” la convinzione della Commissione in merito alle attività di Apple in Irlanda: i commissari europei avrebbero sostanzialmente considerato in Irlanda tutte le attività dell’azienda al di fuori degli Stati Uniti, quando così non avverrebbe, soprattutto in una nazione che non genera né sviluppo ingegneristico né proprietà intellettuale per la società. Maestri, in particolare, si riferisce al commissario Vestager:
Vestager sostiene che la base sulla quale dobbiamo pagare tasse in Irlanda siano praticamente tutti i profitti che generiamo fuori dagli stati uniti… in un posto che non fa ingegneria, non genera alcuna proprietà intellettuale. Una teoria assurda.
Non resta, a questo punto, che attendere le prossime mosse da Cupertino, nonché l’eventuale risposta dalle istituzioni europee.