Apple nega ogni addebito: le regole sul proprio App Store non sono cambiate ma, piuttosto, è stata ristretta e rafforzata la loro applicazione. Dunque nessuna sfida a Sony, Kindle o gli altri progetti che intendono vendere prodotti sui device di Cupertino senza passare per i sistemi di acquisto “in-app”: semplicemente, la prospettiva sul problema è cambiata ed Apple si affretta a precisare il proprio punto di vista prima che gli sviluppatori iOS inizino a temere per le loro creazioni.
L’ipotesi emersa nelle ultime ore, dopo che Sony ha fatto sapere che Apple aveva respinto l’applicazione relativa al proprio store per e-book, era quella per cui la vendita di contenuti sarebbe stata limitata alle funzioni “in-app” per fare in modo che Cupertino avesse potuto prendersi la propria parte. La cosa avrebbe però determinato forti ripercussioni sull’intero App Store e, soprattutto, avrebbe gettato ombre tetre sul giardino chiuso della Mela. Poche ore più tardi, però, le doverose precisazioni.
Apple spiega che non ha cambiato i termini della propria policy, ma che pretenderà d’ora in poi una applicazione più rigida delle stesse. In particolare, le applicazioni potranno sì consentire la vendita di prodotti esterni all’App Store, ma solo se al contempo consentiranno la parallela distribuzione dei medesimi contenuti all’interno dell’App Store stesso. Se dunque l’applicazione Sony intende vendere i propri libri sul proprio marketplace esterno, dovrà al tempo stesso offrire i contenuti medesimi sullo store di Cupertino.
La distribuzione “in-app”, insomma, è richiesta pur senza pretenderne l’esclusiva: è un requisito fondamentale, ma non se ne vieta l’affiancamento con altri tipi di business terzi. Così facendo Apple garantisce un’apertura ai minimi sindacali e tenta di far propria parte dei proventi ottenibili con la vendita di contenuti tramite le applicazioni ospitate.
Prendere o lasciare, insomma: chi vorrà distribuire applicazioni sull’App Store e vendere tramite quest’ultimo canale conosce le regole. Chi intende invece utilizzare l’App Store come un semplice specchietto per le allodole, approfittando della penetrazione di iOS sul mercato per catturarvi utenti da portare altrove, dovrà scontrarsi con la tenacia delle ferree regole Apple.