Dalle parti di Cupertino la pornografia non è gradita: Apple l’ha ribadito più volte e tutte le applicazioni illuminate da luci rosse, anche quando solo per conseguenza indiretta, vengono epurate dai confini del suo App Store. Ma l’ennesima bagarre sul Web rischia di mettere in evidenza tutti i limiti della policy targata Mela: il porno ben presto non sarà più contenibile.
Il fatto che la pornografia sia una delle attività preferite degli utenti non è di certo una novità, così come conferma una recente indagine che attesta l’esplosione di YouPorn in tutto il mondo, con il singolare primato di tanti solitari navigatori milanesi. E non stupisce, perciò, che gli utenti cerchino di avvalersi di contenuti XXX anche tramite gli iDevice. Giusto la scorsa settimana Apple ha rimosso dal suo negozio virtuale il portale di sharing fotografico 500px, accusato di non filtrare opportunamente i contenuti per gli adulti. Ma dopo poche ore si è verificato un caso simile: quello di Vine, un app per la condivisione di video fra gli utenti. Riuscirà la Mela a stare al passo delle voglie hard dei suoi clienti?
La bagarre è emersa su Twitter nel fine settimana, quando un giornalista del The New York Times ha spiegato la facilità con cui su Vine fossero disponibili filmati porno, semplicemente curiosando fra l’hashtag #porn. E si sono aperte subito le scommesse: quanto durerà Vine prima che la Red Light Police di Cupertino faccia irruzione?
In realtà, così come egregiamente sottolinea la redazione di The Next Web, non è Vine ad avere un problema con il porno. È Apple che si dimostra inadeguata alla realtà: l’azienda fallisce costantemente nella sua capacità di adattamento ai tempi moderni, cercando di lottare contro i mulini a vento. La pornografia è ormai un elemento accettato e tollerato dalle popolazioni di gran parte del mondo e di conseguenza non stupisce affatto l’alta domanda, condivisibile o meno che sia. Il divieto assoluto non farà altro che portare la Mela sulla strada delle continue figure barbine, inimicandosi gli sviluppatori e spingendo l’utenza su piattaforme ben più permissive. Certo, l’impeto morale di Apple è encomiabile: proteggere i minori. Tuttavia, la protezione non potrebbe avvenire in altre forme, garantendo sia il diritto dei più piccoli a non essere turbati da contenuti per loro per nulla appropriati, che quello degli adulti di fruire di materiali erotici?
Può sembrare una questione di primo acchito banale, ma il problema sta generando pesanti conseguenze all’ecosistema App Store. Nel punire gli sviluppatori per comportamenti su cui non hanno il diretto controllo, Apple non sembra fare un buon servizio a tutte quelle persone che hanno portato proprio App Store al successo. Un developer che realizza un’applicazione per la normale condivisione di file, di link, qualsiasi software in salsa social, può certamente introdurre dei filtri per cercare di prevenire l’abuso di materiali XXX, ma di certo non può controllare cosa faccia ogni singolo utente. Sarebbe come imporre la chiusura coatta dei ristoranti, incolpandoli dell’obesità dei clienti. Quale colpa possono avere le softwarehouse se gli utenti decidono di sfruttare un’applicazione in modi alternativi rispetto a quelli per cui è stata realmente creata? Quale colpa ha Vine, app nata per condividere normali e pudicissimi video fra pari, se la Rete ha deciso di sfruttarla come mezzo singolare per il diffondersi di donne pettorute o coppie in atteggiamenti inequivocabili? Sono questioni a cui Cupertino dovrà fornire presto risposta, perché virtualmente ogni portale social prima o poi ricadrà nei pericoli dell’uso improprio.