Il grosso polverone mediatico alzato dal New York Times, che nella sua recente inchiesta ha denunciato le precarie condizioni di lavoro all’interno degli stabilimenti Foxconn adibiti alla produzione di dispositivi Apple, con l’immediata risposta del CEO Tim Cook che ha definito “false e offensive” tali accuse, ha scatenato la nascita di una petizione che ha già raccolto più di 35.000 firme, per far sì che questi abusi sul lavoro possano avere fine.
La raccolta firme, organizzata da SamOfUs, ha subito ottenuto un grande successo e chiede al colosso di Cupertino di fare di più per migliorare le condizioni di lavoro negli stabilimenti cinesi. Il direttore esecutivo della società che ha lanciato la petizione, Taren Stinebrickner-Kauffman, sostiene che considerata l’attenzione di Apple riposta nei dettagli dei suoi iDevice, il fatto che non sappia di quello che accade in Cina fa pensare a una sorta di “ignoranza intenzionale”.
Nonostante ciò, Stinebrickner-Kauffman afferma di possedere e apprezzare parecchio l’iPhone, ma proprio perché si tratta di un prodotto di alta qualità gli dispiace scoprire che è stato in gran parte realizzato sfruttando la manodopera degli operai cinesi. Se Tim Cook si è sentito offeso da queste accuse, ha proseguito, si chiede perché non stia facendo nulla per risolvere questi problemi.
A dir la verità, Apple è recentemente entrata a far parte della “Fair Labor Association”, per assumere un codice di condotta utile per monitorare e migliorare le condizioni del lavoro all’estero. Un segnale importante da parte dell’azienda della mela morsicata, arrivato prima dell’esplosione dello scandalo dal New York Times.