Sebbene il Pippin avesse tutte le caratteristiche di un computer, fu concepito principalmente come un dispositivo multimediale dedicato all’intrattenimento.
Apple realizzò una piattaforma basata sul processore PowerPC 603 a 66Mhz e una versione ridotta del sistema operativo Mac OS 7.5 e decise di cedere a terze parti la licenza di questa tecnologia.
Il Pippin non fu mai commercializzato con il brand Apple, fu la Bandai che si mostrò interessata al progetto, acquistò le licenze e con il nome di Bandai @Marks lo realizzò per il mercato giapponese nel Marzo del 1996 e nel Novembre dello stesso anno, ribattezzato @Worlds e con una differente livrea di colore nero, lo introdusse anche nel mercato americano.
Debuttò con un prezzo di $599, incorporava un CR-ROM SCSI 4x, 6MB di RAM condivisa con la grafica, una ROM da 3MB che ospitava il sistema operativo, un modem a 28.8 kbit/s, un joypad dall’innovativo design, uno slot per l’espansione della memoria, uno slot simil PCI e due porte seriali.
Grazie alle uscite video poteva essere connesso a un comune TV color. Erano disponibili una serie di periferiche che cercavano di colmare i limiti del dispositivo ma sommando i prezzi di tastiera, floppy e hard disk esterno, il costo complessivo superava quello di un Mac vero e proprio.
Il confronto con le console dell’epoca era improponibile: Playstation, Nintendo 64 e Sega Saturn disponevano di chip grafici dedicati e offrivano delle performance decisamente superiori con i videogiochi.
La possibilità di connessione al Web non è stata sfruttata a dovere visto che era imposto l’abbonamento ad uno specifico Internet provider, PSInet, al costo di $25 al mese; inoltre la qualità del testo sullo schermo di una TV rendeva la navigazione frustrante.
L’accoglienza del mercato fu pittosto fredda e il Pippin suscitò uno scarso interesse, Bandai ne commercializzò solo 42000 esemplari prima di abbandonarne la produzione nel 1997.