L’anno nuovo si apre con una polemica non di poco conto per Apple: la società è accusata di offrire poche occasioni a donne, persone di colore e minoranze etniche varie nel proprio direttivo. Sì, proprio l’azienda che da diversi anni è impegnata nell’uguaglianza formale dei lavoratori – per sesso, orientamento sessuale, razza o religione – oggi viene tacciata di seguire lo stesso atteggiamento che cerca di demonizzare. E la critica non proviene dalla stampa, bensì dagli stessi azionisti.
A svelarlo è il Los Angeles Times, testata che riporta il malcontento di Trillium Asset Management e del Sustainability Group nel notare come nelle 8 posizioni del board Apple via sia soltanto una donna – Andrea Jung, ex CEO Avon Products. E la Jung, tra l’altro, è l’unico membro non caucasico del direttivo.
Non è però tutto, perché anche uscendo dal board e passando ai top manager si incontra solo una donna, un acquisto decisamente recente per Apple: Angela Ahrendts, ex CEO di Burberry, ora responsabile del settore retail della mela morsicata. Quello della Ahrendts pare però un percorso più semplice, anche perché da più parti è stata indicata come il CEO del futuro di Cupertino, qualora Tim Cook dovesse mai decidere di abbandonare la propria posizione.
In vista dell’imminente incontro con gli shareholder, dove si discuterà anche della proposta di buyback di Carl Icahn tanto temuta da Apple, Trillium Asset Management e il Sustainability Group invitano quindi il gruppo ad aprire le porte dei piani alti a donne e persone di colore, per dimostrare come la Mela sia davvero un’azienda all’avanguardia in fatto di uguaglianza lavorativa. Così spiega Jonas Kron, direttore degli azionisti di Trillium:
«Sarà un processo pluriennale. Non sarà un cambiamento nottetempo. Servirà del tempo per Apple per compiere le decisioni che devono essere prese e valutare i possibili candidati. Ma credo si stiano impegnando in questa direzione.»
Di avviso simile anche Larisa Ruoff, rappresentante degli azionisti del Sustainability Group:
«È chiaro che Apple sia marcata a vista da Wall Street, quindi ogni passo compiuto dall’azienda è scrutato da vicino. Credo che la carenza di diversità sia problematica per qualsiasi azienda, ma lo è molto di più per le compagnie tecnologiche che si considerano troppo innovative e all’avanguardia per essere arretrate su questa questione.»
Una ricerca di Catalyst ha svelato come nel corso del 2013 solo il 17% delle aziende della Fortune 500 abbia visto delle donne alla guida o comunque nelle posizioni più alte della dirigenza. Torna quindi d’attualità la questione del glass ceiling, quel soffitto di vetro che impedisce alle donne di raggiungere le stesse posizioni manageriali conferite agli uomini, e sembra proprio che nemmeno Apple ne sia esente. La stessa barriera che sembrerebbe frenare anche le minoranze etniche: il dato sulle board “white only”, ovvero a predominanza di rappresentanti caucasici, registra dati del tutto simili a quelli rilevati sul genere femminile.