A distanza di circa un mese dalle prime critiche, Apple ha offerto una spiegazione pubblica relativamente al cambio della policy della gestione della privacy. Al centro dell’attenzione, infatti, era andato un nuovo capitolo nel quale si spiegava che «Per offrire sui prodotti Apple servizi basati sulla posizione, Apple ed i propri partner possono raccogliere, usare e condividere precisi dati sulla posizione, inclusa la localizzazione in real time del tuo computer o device Apple. Questi dati sono raccolti in modo anonimo in una forma che non identifica personalmente l’utente e che è usata da Apple ed i propri partner per offrire e migliorare prodotti e servizi basati sulla geolocalizzazione. Per esempio, possiamo condividere la posizione geografica con una applicazione quando si sceglie il servizio localizzato. Alcuni servizi basati sulla posizione geografica offerti da Apple, quali MobileMe “Find My iPhone”, richiedono le vostre informazioni personali affinchè tali servizi possano funzionare».
Ad alzare il tono della polemica, e fungendo da catalizzatori delle critiche piovute sull’azienda, due lettere sono partite dal Congresso in direzione di Cupertino. Le firme erano quelle di Edward J. Markey e Joe Barton, i quali hanno chiesto direttamente a Steve Jobs di spiegare come il capitolo incriminato avrebbe inciso sulla privacy degli utenti e quale sarebbe stato il destino delle informazioni raccolte ed archiviate dall’azienda. La risposta è giunta pochi giorni or sono ed è stata ora resa pubblica.
Apple porta avanti una difesa estremamente semplice, spiegando che gli utenti hanno la possibilità di un opt-out con il quale poter disabilitare le condivisione delle informazioni relative alla geolocalizzazione. Facendo ciò, ovviamente, gli utenti rinunciano però ai servizi correlati. Nella lettera si spiega inoltre che i dati non identificano mai univocamente l’utente, ma vengono utilizzati soltanto per garantire un servizio ed una offerta pubblicitaria ottimizzati in base alla posizione. I dati vengono archiviati per 6 mesi da Apple per consentire all’azienda di migliorare il servizio iAd e quindi fatti confluire in semplici rilievi statistici e senza condivisione alcuna con aziende terze.
Edward J. Markey e Joe Barton hanno in seguito espresso chiara soddisfazione per le spiegazioni fornite da Apple, ma chiedono che in futuro tali indicazioni possano essere rese sempre più dirette e facilmente comprensibili, così che l’utente non debba scartabellare lunghi fogli e possa invece capire con estrema rapidità in che termini sta per cedere le proprie informazioni e come queste ultime saranno in seguito trattate.