Nonostante le ottime vendite per le linee iPhone e iPad, i risultati fiscali del Q1 non hanno convinto gli investitori, tanto che il titolo Apple continua a navigare in acque gelide sui mercati di Wall Street. La borsa evidentemente sperava in valori ben più alti del +29% per i tablet e il +48% per i melafonini, sebbene siano cifre di per sé record per l’azienda. Ed è evidente come vi sia una sfiducia ingiustificata nell’azienda, alimentata anche da falsi rumor che proprio ieri Tim Cook si è premurato di stigmatizzare. Ma cosa deve fare davvero Apple per riconquistare la fedeltà degli investitori?
A porsi questa domanda è Forbes, con l’elaborazione di tre consigli – delle vere e proprie medicine finanziarie – con cui Cupertino potrà ritornare sulla cresta dell’onda. Se siano effettivamente sufficienti al recupero del titolo, però, non è dato sapere.
Focus sul software, non solo sull’hardware
Nell’ultimo tempo, Apple sembra essersi dimenticata di essere non solo un produttore di hardware, ma anche un’eccellente softwarehouse. Con il recente iPhone 5 e il successo di iPad Mini, la Mela si è nuovamente concentrata su design impareggiabili, sulla scelta di materiali originali come l’alluminio anodizzato, sull’integrazione di processi di fabbricazione presi in prestito dall’industria aerospaziale. Ma pare essersi troppo dimenticata del sistema operativo. Il fatto che iOS 6 non sia propriamente gradito agli investitori non è di certo un segreto, soprattutto a seguito delle polemiche sulle fallaci Mappe sostitutive alla cartografia di Google. E, tolta questa mancanza, non sembra che Apple abbia introdotto feature innovative, se non Siri e poco altro. Per quanto belli e affascinanti, gli iDevice vengono amati dagli utenti soprattutto per quel che fanno, non per come appaiono. Cupertino deve allora recuperare quel “wow-factor”, quell’effetto sorpresa, che è stata in grado di garantire agli utenti già dal primissimo iPhone commercializzato, quando a tutti è apparsa miracolosa la possibilità di utilizzare uno schermo multitouch, di scorrere una lunghissima libreria musicale con un piccolo gesto delle dita, di scoprire le potenzialità di una GUI estremamente malleabile. In questo senso, la perfetta risposta potrebbe arrivare da Jonathan Ive, già pronto ad abbandonare l’eccessivo skeumorfismo per un’esperienza d’utilizzo rinnovata.
Recuperare lo stile di Steve Jobs
È inutile negarlo: la sola presenza di Steve Jobs nell’ultimo decennio è stata una garanzia più che sufficiente per conquistare la fiducia degli investitori. Con la sua dipartita, Apple sembra aver perso quella capacità di comunicare in modo ammaliante, di creare bisogni dal nulla. Steve Jobs non ha mai venduto un prodotto, ha proposto uno stile di vita. La nuova amministrazione Tim Cook, per quanto eccellente si stia dimostrando il nuovo CEO, sembra un po’ peccare in questo senso. Sono terminati i tempi dei keynote mozzafiato – quelli targati Cook, a voler essere sinceri, risultano eccessivamente noiosi – e anche a livello di marketing vi è stato qualche passo falso. Steve Jobs ha presentato gli iPod dicendo «hai migliaia di canzoni in tasca»: quanto basta per decretarne il successo. La “nuova” Apple, invece, per il recente iPhone 5 si è sprecata in troppe parole nello spiegare come qualsiasi angolo dello schermo possa essere raggiunto con un pollice solo, calcolandone anche i gradi di inclinazione. L’utente non ha molto interesse, a quanto pare, nel misurare con il goniometro di quanto si inclini il suo pollice. L’utente vuole sentirsi dire perché sia tanto “cool” utilizzare un display come quello dell’ultimo melafonino.
Ripensare le azioni
L’ultimo consiglio di Forbes è invece quello di ripensare il valore nominale delle azioni, magari ricorrendo al frazionamento azionario. Il costo per singolo azione – nonostante il calo in borsa – rimane molto alto, tanto da disincentivare i piccoli investitori. Così come sottolinea la testata, un consumatore desideroso di investire esigui risparmi in Apple si ritroverebbe la strada sbarrata, perché comprare stock dell’azienda è caro quasi come acquistare un iPhone. Diminuendo il valore nominale di ogni singola azione, si garantirebbe l’accesso al mercato azionario anche a questa tipologia di investitori, che già in passato si è dimostrata idonea a sostenere la società anche nei momenti più difficili.