Se il regime delle royalties verrà cambiato, iTunes chiuderà. È questa l’estrema (pur se velata) minaccia proveniente da Apple. Il tutto, peraltro, contenuto in un documento ufficiale (pdf, pag.3) nel quale Apple tuona: se il mercato non permette una adeguata profittabilità, il gruppo preferisce uscirne.
Apple sa bene di avere il coltello dalla parte del manico. Il suo music store controlla il mercato ed al suo fianco in questa battaglia si trova nomi quali Napster o Rhapsody, tutti decisi a chiedere una revisione al ribasso delle royalties che i servizi di vendita devono alle grandi sorelle della distribuzione discografica.
Il braccio di ferro è serrato: da una parte vi sono tutti i maggiori music store sulla piazza. Dall’altra v’è il Copyright Royalty Board. La contesa è sulla fetta di introito dovuta alle parti per ogni singolo download: se ad oggi il dovuto per ogni singola traccia è di circa 9 centesimi, il CRB vorrebbe alzare la posta pretendendo almeno 15 centesimi. Stizzita la replica Apple: se aumentiamo i prezzi, il numero di download diminuirà drasticamente e l’intero mercato non avrà che da perderci; se i prezzi rimangono fissi e nel contempo aumentano le royalties, allora diminuirà il profitto dell’attività ed in questo caso Apple preferirebbe tirarsi fuori dai giochi.
Si assiste insomma alla più classica delle trattative. Sebbene iTunes detenga l’85% del mercato, può fare la voce grossa solo fino ad un certo punto perchè le major ben sanno quale sia l’appetito della concorrenza e ben si sa quanto la musica abbia dato e possa ancora dare al mondo di Cupertino. Il teorema del Copyright Royalty Board è quello per cui la distribuzione online abbia costi minori rispetto alla distribuzione su supporto fisico: ad oggi il dovuto delle due parti in competizione è similare, il che penalizza il mercato dei CD rispetto ai maggiori margini dei distributori online.
In questo intricato gioco delle parti, però, c’è un ulteriore elemento a complicare la vicenda. I music store, infatti, devono ad oggi il dovuto per i diritti direttamente alle major. Queste ultime gireranno poi parte della fetta a chi di dovere. Per ogni brano le etichette ricevono circa il 70% della tariffa finale (70 centesimi su 99), ed in parte il tutto verrà devoluto ai detentori del diritto. Se, come richiesto da Apple, il prezzo finale dovrà rimanere fisso, allora le maggiori pretese del Copyright Royalty Board dovranno essere assorbite da tutte le parti in causa: dai music store, che probabilmente dovranno royalties maggiori; dalla RIAA, che dovrà accettare un compromesso migliore pur di proseguire sulla strada intrapresa; dal Copyright Royalty Board, che probabilmente potrà abbassare le proprie richieste in una via di mezzo tra i 15 centesimi ambiti ed i 9 attualmente riconosciuti.
In queste ore, insomma, si sta decidendo del futuro dell’industria musicale. La fetta del digitale è sempre più grande e sempre più ambita: le velate minacce Apple vanno lette in quest’ottica, escludendo dunque ogni possibilità per cui ci possa essere anche un solo attore del sistema ad essere interessato nella chiusura di iTunes. Semplicemente, c’è una torta da spartire: normali scaramucce.