I dati raccolti da un Apple Watch indossato da una nonna di Adelaide, brutalmente uccisa nella sua casa nel settembre del 2016, hanno aiutato la polizia australiana ad arrestare la nuora, accusata del suo omicidio.
Myrna Nilsson, 57 anni, è stata trovata morta nella lavanderia della sua casa nel nord-est di Adelaide nel settembre 2016. I vicini hanno trovato il suo corpo fuori dalla casa, dopo esser stata gravemente picchiata e legata con del nastro adesivo. A quei tempi, la nuora di Nilsson, Caroline Nilsson, 26 anni, disse alle forze dell’ordine che un gruppo di 20 uomini le aveva teso un’imboscata attaccandola in casa, in seguito a un incidente stradale. Affermò anche di essere stata legata dagli aggressori prima che se ne andassero.
La scorsa settimana, il procuratore Carmen Matteo ha presentato delle prove in tribunale che dimostrerebbero che Caroline Nilsson ha inventato la sua storia e che dovrebbe essere trattenuta con l’accusa di omicidio senza cauzione. Le prove riguardano i dati sull’Apple Watch indossato dalla vittima al momento dell’omicidio e stabiliscono che l’aggressione e la sua morte si sono verificate in una finestra di sette minuti. «L’accusa accumula quei tempi e le informazioni sui livelli di energia, movimento, frequenza cardiaca, per portare alla conclusione che la defunta deve essere stato attaccata intorno alle 18:38 e sicuramente è morta alle 18:45».
La nuora aveva in precedenza testimoniato che sua suocera avesse litigato con i presunti aggressori per circa 20 minuti, mentre era legata. Il fatto che lei usasse il suo telefono per mandare SMS a suo marito alle 7:02 e fare acquisti su eBay alle 19:13, ha ulteriormente eroso la credibilità della sua storia. »Le prove dell’Apple Watch sono una prova fondamentale per dimostrare la falsità del resoconto dell’imputato alla polizia», ha affermato il procuratore, così il giudice ha approvato la tesi dell’accusa e negato alla donna la libertà su cauzione; adesso, dovrà tornare in tribunale il 13 giugno.
Il caso riecheggia una situazione simile avvenuta l’anno scorso, quando le forze dell’ordine in Arkansas hanno chiesto ad Amazon di fornire qualsiasi registrazione effettuata da uno dei suoi altoparlanti intelligenti che si trovava nella casa di una vittima di un omicidio. All’inizio Amazon era contraria, ma alla fine collaborò con le indagini. Per i difensori della privacy, è stato un sorprendente sapere che Alexa poteva ascoltare le conversazioni in casa in qualsiasi momento.