Tra i ruoli di un moderatore v’è quello di passare al vaglio i commenti ricevuti ai vari articoli o post per poter verificare l’opportunità o meno di pubblicare/cancellare il commento stesso. Spesso trattasi di un ruolo monotono, semplice e ripetitivo: trackback, spam, piccoli flame, tutto che rimane sempre però nell’alveo della normalità.
A volte, invece, giungono commenti che impongono pause di riflessione ben più seriose.
L’esempio è quello di un commento giunto a questo articolo dal titolo “Bloccato il sito dell’orgoglio pedofilo”. Non l’ho pubblicato e non lo ripropongo certo per intero in questa sede, ma posso comunque riassumerne indirettamente il contenuto. L’utente (che si firma) argomenta le proprie tesi ipotizzando il fatto che possa esserci una pedofilia “gentile, fatta d’amore“. Il sangue si gela nelle vene. L’utente ritiene possibile un sovvertimento nel tempo delle tesi anti-pedofile e usando termini moderati nei modi ma fortissimi nel contenuto pone un interrogativo:
Se la società è così sicura delle sue ragioni antipedofilia, perché teme tanto allora da questi siti con posizione diversa?
Il commento è parcheggiato tra quelli non approvati. Provocherebbe un sicuro flame, porta avanti tesi indifendibili, ma l’interrogativo posto ha un suo fondamento che solleva una evidente questione di principio: cosa va pubblicato? Cosa va censurato? Su quali temi va negato un contraddittorio? Meglio pubblicare tutto così che siano gli altri utenti a giudicare ed eventualmente condannare? Dov’è esattamente quella sottile linea rossa che divide il “si può dire” dal “non si può dire”, o quantomeno dal “sarebbe opportuno non dire”?