Un giorno non lontano gli editor degli smartphone suggeriranno modifiche al tweet per renderlo più virale, i computer giudicheranno un post considerando i destinatari, il browser avrà un plugin che consentirà di raccappezzarsi in un thread finito per degenerare e un software indicherà chi ha detto la verità. Non è fantascienza, ma ciò a cui stanno lavorando alcuni ricercatori, invitati all’Internet Festival per illustrare i loro progressi.
Il convegno “Argomentazione e fiducia nel social media” fa parte della sezione X-Tra di Internet Festival, dedicata ai più importanti laboratori di scienza italiani e stranieri. Nel caso dell’incontro di oggi al Cern di Pisa, si è discusso non tanto di cosa rappresentano i social media oggi – essendo assodato – quanto piuttosto se e come sia possibile ricavare un qualche approccio automatico e razionale per esaltare la possibilità di discussione senza perdersi.
Tra hate-speech, forme discutibili di partecipazione, si è cominciato con Rino Falcone e Cristiano Castelfranchi (ISTC-CNR Roma) che hanno spiegato che la fiducia non è solo un feeling: è anche una valutazione, un giudizio, e una decisione basata su argomenti, evidenze, ragioni. Entrambe queste dimensioni di fiducia stanno subendo una radicale rivoluzione grazie alla trasposizione delle relazioni sociali (interazioni, ricerca di partner, gruppi, appartenenze, informazione, lavoro, partecipazione, opinione, politica) sui media: sia i media tradizionali e il loro impatto sempre crescente, sia il Web e in particolare i social network.
Ammettendo anche una relazione ancora possibile tra fonti autorevoli e dibattiti, bisogna provare a separare i fatti dalle opinioni, e tra le opinioni, quelle di supporto e quelle contrarie. E se un modello di dibattito serio e conciso fosse davanti agli occhi di tutti? Se lo sono chiesto Paolo Torroni (Università di Bologna) e Simone Gabbriellini (GEMASS-CNR; Paris-Sorbonne), che hanno creato un’applicazione decisamente interessante: analizzato l’effetto dei social network sulla socievolezza, la fiducia e il benessere individuale di un campione rappresentativo della popolazione italiana, hanno immaginato nuovi tag su Twitter per visualizzare come un cloud-word i microdibattiti che continuamente alimentano il social. Come? I ricercatori propongono il simbolo $$ per una opinione favorevole, e il simbolo $! per quella contraria. Questi tag individuano i gruppi di discussione, permettono di spostare le nuvole concettuali meno interessanti e, almeno teoricamente, privilegiano un dibattito costruttivo. La prova sul campo, in occasione del dibattito dei cinque candidati alla presidenza europea seguito da 60 studenti universitari ha dato risultati incoraggianti. Il thread così come lo conoscevamo potrebbe essere sostituito da applicativi che facilitano la discussione online, più in là della sentiment analysis.
Elena Cabrio e Serena Villata (INRIA Sophia-Antipolis) hanno invece costruito un sistema basato su un doppio approccio: trattamento automatico del linguaggio e teoria dell’argomentazione. Un po’ complicato spiegare come ci si arriva – ci sono intelligenza artificiale, linguistica, informatica – ma il risultato è stupefacente: il software è in grado di attribuire la corretta relazione tra argomenti anche complessi nel 67% dei casi; l’abilità di identificare quelli vincenti arriva al 75%. Con il miglioramento delle tecniche si sarà in grado di supportare in automatico gli utenti nelle loro interazioni. I settori che ci guadagneranno? I siti di ecommerce, i forum, le piattaforme di e-democrazy, i forum medici, i procedimenti giudiziari.
Ma cos’è la persuasione? Per il ricercatore Marco Guerini (TrentoRISE), Internet non ha inventato le teorie comunicative, ma mette a disposizione una tale mole di esempi e dati che di fatto è imprescindibile. Anche nel suo caso, l’analisi automatica del linguaggio consente di analizzare l’impatto di un testo, considerando i diversi effetti nel persuaso, nel suo contesto sociale. Il modo in cui un post viene scritto o il modo in cui un’immagine viene scattata possono stabilire il successo o il fallimento della diffusione di un contenuto, e se alcune regole sono intuibili, altre sono regolarmente ignorate. Allora l’idea: sostituire i trucchi con l’automatismo, inserire in un software la capacità di valutare la potenziale persuasione di un testo, che sia scientifico od emozionale. Ottenere consenso diventerà sempre più importante sui social media, perché lasciarlo a singole abilità naturali? Ma fino a che punto la tecnologia può sostituire l’intuizione e il talento umano?
Domande a cui è difficile rispondere. A Pisa almeno si è cominciato a porsele.