Ci sono luoghi dove il tessuto sociale ed economico si intrecciano fino a diventare un tutt’uno, dove l’insediamento e la crescita di una realtà imprenditoriale fungono da catalizzatore per l’arrivo di forza lavoro e per lo sviluppo di un’intera comunità. È quanto accaduto a Ponte San Pietro, in provincia di Bergamo, quasi 150 anni fa: correva l’anno 1875 e la famiglia Legler sceglieva il territorio dell’isola bergamasca per dar vita all’omonimo cotonificio, in primo luogo per la presenza del fiume Brembo che assicurava l’approvvigionamento dell’energia necessaria al funzionamento dei macchinari.
Dal cotonificio al data center Aruba
È trascorso quasi un secolo e mezzo, ma le ragioni che hanno spinto Aruba a scegliere la medesima location per la realizzazione del suo Global Cloud Data Center IT3 sono le stesse. Una centrale idroelettrica e l’installazione di pannelli fotovoltaici su gran parte della copertura assicurano la sostenibilità energetica degli impianti. Al tempo stesso, poter usufruire di aree già destinate all’attività industriale ha permesso di ridurre i tempi di realizzazione (l’apertura del cantiere è avvenuta il 22 agosto 2016) e riportare in vita un’area storicamente dedicata all’attività produttiva. Anche il coinvolgimento di forza lavoro locale si inserisce in quest’ottica. Ce ne ha parlato Stefano Sordi, CMO del gruppo, nel giorno dell’inaugurazione ufficiale.
Nel cuore della grande Rete
Abbiamo avuto l’occasione di entrare nel cuore del data center, di passeggiare tra i corridoi delle sale dati, di osservare dall’interno come oltre ai rack per lo storage delle informazioni ci sia molto altro. Una struttura di questo tipo è estremamente complessa, un enorme organismo dove tutto opera in modo organizzato: dai sistemi di alimentazione a quelli di backup, dagli apparati dediti alla sicurezza (ci sono sei controlli da superare prima di arrivare ai server) fino agli impianti per lo smaltimento del calore.
Nel data center tutto ha un suo doppio, tutto è ridondato: l’esigenza è quella di garantire il continuo funzionamento di ogni apparato anche in caso di anomalia o imprevisto. Se per un qualsiasi motivo dovesse interrompersi l’alimentazione esterna si fa ricorso alle batterie di backup, poi ai gruppi elettrogeni. L’impianto geotermico che si occupa del raffreddamento è diviso in più linee, così da poter deviare all’occorrenza il flusso dell’acqua pescata dalla falda in ogni punto della struttura.
Un motore d’innovazione
Un data center è per definizione quel luogo in cui vengono immagazzinati i dati a cui accedere tramite le piattaforme e i servizi della grande Rete, ma non solo. Un data center ha anche l’opportunità di costituire un motore d’innovazione, una spinta, un incubatore e un acceleratore se si vuol usare termini tanto in voga e un po’ inflazionati nell’era della digital trasformation.
L’obiettivo di Aruba e del suo centro IT3 di Ponte San Pietro è proprio questo: anzitutto fornire servizi di housing e collocation ai clienti che ne hanno necessità, ospitandoli e supportando il loro lavoro fornendo supporto e competenze, ma anche infondere nelle imprese del territorio una mentalità innovatrice. Per questo vi saranno spazi dedicati al coworking e iniziative messe in campo in collaborazione con realtà pubbliche e istituti di formazione.
La nuova casa di Aruba
Ponte San Pietro diventa la nuova casa di Aruba. Il gruppo ha deciso di spostare nel comune bergamasco (poco più di 11.000 abitanti) la propria sede legale, a testimonianza di come il centro IT3 assumerà un ruolo di importanza sempre più strategica nel futuro della società. Laddove un tempo il cotonificio Legler produceva stoffe e tessuti, oggi il data center Aruba costituisce un centro nevralgico per la gestione delle informazioni in Rete, sul cloud. Lo fa in modo sostenibile, in primis per la comunità locale, ancor prima che dal punto di vista ambientale ed energetico.