La task-force che intende combattere definitivamente lo spam sta prendendo forma e, dopo aver formalizzato l’unione di intenti già in Aprile, giunge ora alla pubblicazione delle prime proprie raccomandazioni sul problema. Microsoft, AOL, Yahoo!, Earthlink, British Telecom, Comcast: tutti i maggiori provider si sono uniti sotto il nome di ASTA (Anti Spam Technical Alliance) ed intendono far valere il proprio peso politico al fine di una sollecita risoluzione di una piaga che, primariamente, colpisce utenti e ISP.
Il problema è ai vertici della lista di interrogativi che ricopre il futuro prossimo della rete, e la soluzione deve essere in grado di limitare i danni causati dai malintenzionati senza pregiudicare i diritti e la fruizione dei normali utenti. E’ risaputo infatti come i worm sfruttino i computer vittima trasformandoli in mail server e moltiplicando così le capacità di propagazione di mail e allegati maligni: tale fenomeno (i cosiddetti “computer-zombie”) va fermato, ma nel contempo non devono essere messe a repentaglio né la privacy né la possibilità di fruizione della Rete per le vittime.
L’antispam è ormai da tempo uno dei principali cavalli di battaglia di nomi altisonanti quali ad esempio Bill Gates, la cui Microsoft ha proposto il cosiddetto “Caller ID” per identificare univocamente il mittente di ogni messaggio, validare la corrispondenza con quanto traspare sulla mail ed impedire così l’impunità per chi invia tonnellate di posta spazzatura.
ASTA, come anticipato, ha mosso nelle ultime ore i suoi primi passi rilasciando specifiche raccomandazioni circa le principali problematiche da combattere. Innanzitutto va evitata la contraffazione del mittente: grazie al “domain spoofing” gli spammer possono celare la propria identità e lavorare impunemente, dunque un sistema di riconoscimento (sulla scia del Caller ID) può essere un adeguato deterrente all’attività illecita.
Inoltre gli ISP devono provvedere a limitare tecnicamente la propagazione dello spam. A proposito di questo punto però ASTA propone di mettere in una sorta di quarantena le macchine infettate, bloccando dunque la possibilità dell’utente di inviare mail. La soluzione è quindi particolarmente invasiva e limitante nei confronti di chi già deve pagare lo scotto di un worm nel proprio pc. Ulteriore vincolo è il numero delle mail inviate in una unità di tempo: vincolo sufficientemente largo per non limitare l’attività di aziende e privati ma vincolo sufficientemente piccolo da impedire il lancio di messaggi in quantità potenzialmente dannose.