Se il brano musicale che si conserva in un cassetto non può forse ambire a trovar spazio sulle pellicole di Hollywood, non è detto però che non possa trovar espressione su migliaia di piccoli filmati di minor caratura. E se tutto ciò è vero, è vero altresì che in una forma diversa può comunque diventare una interessante fonte di insperato profitto.
L’intuizione è quella della startup statunitense Audiam, presentata da Bloomberg Business nelle ultime ore come l’ultima grande speranza per i produttori indipendenti ed i compositori o performer che tengono nella propria intimità le creature partorite. L’idea è infatti quella di portare su YouTube nuova musica per metterla a disposizione di chi è in cerca di colonne sonore, ma non solo: anche tutto quanto realizzato in passato potrà diventare una base di lavoro importante alla ricerca della miglior condivisione del profitto.
Audiam parte da un caso di successo che diventa la base dell’intero meccanismo: “Love doctor”, un brano firmato Scott Schreer, è stato analizzato per capire quali usi ne fossero stati fatti su YouTube, trovando in tutto 1500 video visualizzati 100 mila volte in appena 11 giorni. Siccome il compositore non otteneva alcun introito nonostante il contributo offerto a tale successo, i responsabili Audiam hanno operato come intermediari. Ottenendo 120 dollari per le 100 mila visualizzazioni in esame mediante l’autorizzazione a YouTube di far comparire pubblicità sui video in questione.
Nell’attività della Audiam, insomma, è identificabile il seme di un nuovo modello di business basato sulla repository video di YouTube. Il lavoro viene svolto grazie alle analisi del Content ID e di un software quale TuneSat per l’esame della traccia audio: quel che le grandi etichette ottengono grazie ai controlli di YouTube, insomma, i piccoli compositori potranno ottenerlo grazie alla Audiam. Il costo del servizio è pari al 25% della somma dovuta, mettendo così nelle mani degli artisti un 75% insperato, invisibile e precedentemente lasciato in mani altrui.