È ormai risaputo che ci sono alcuni provider che limitano la banda dei loro utenti relativamente l’utilizzo di programmi di file sharing.
Alcuni ISP, apertamente e in modo del tutto trasparente l’hanno dichiarato, altri invece lo negano, in violazione delle clausole contrattuali stipulate con i loro abbonati.
Ci sono operatori telefonici che attuano il filtering, ovvero il blocco assoluto del traffico dati scaturito da applicazioni P2P.
È naturale che tale abuso rappresenta una chiara e lampante violazione della neutralità della Rete. Altri provider effettuano il noto traffic shaping, cioè attuano delle limitazioni solo in determinati momenti: quando la Rete è sovraccarica.
Appare scontato che all’utente interessi ben poco se la Rete sia affollata o meno e per tale ragione molti hanno cambiato ISP accasandosi con operatori maggiormente “permissivi”.
Nel nostro Paese la situazione è la seguente:
- Aruba, McLink e Wooow non hanno rilasciato in merito nessuna dichiarazione;
- Fastweb, SiAdsl, Telecom e Tiscali non applicano nessuna limitazione al traffico generato dal P2P;
- Libero, NGI e Tele2 applicano dei filtraggi al traffico dati generato dal peer to peer solo in casi di sovraffollamento della Rete.
Nella fattispecie, gli ISP limitano e rallentano il traffico causato da client P2P mediante dei filtri di traffic shaping, ossia attraverso un sofisticato sistema in grado di riconoscere se il proprio abbonato, mediante dei software di file sharing installati sul proprio PC, sta intasando la Rete.
Il client stesso trasmette dei pacchetti di dati al router del provider. Quest’ultimo è come se chiedesse un lasciapassare ogni qualvolta viene raggiunta una certa mole di traffico.
È naturale che se la Rete è troppo affollata, tale “pass” non viene rilasciato dall’ISP e l’utente avrà dei vistosi rallentamenti della sua connessione.