Le condanne di blogger da parte di paesi dal regime autoritario non sono una novità, il blog o il sito personale è uno strumento di espressione che raggiunge tutti nel paese e fuori da esso dunque è normale che un regime repressivo voglia controllare anche tale forma di espressione e veicolazione di informazione, ora però arriva l’annuale World Information Access Report a chiarire lo stato delle cose.
Secondo lo studio c’è stata nel corso dello scorso anno una decisa impennata negli arresti di blogger, si è passati infatti dai 10 del 2006 a ben 36 nel 2007, con una condanna media intorno ai 15 mesi di carcere. Inoltre, il report lascia intendere che tale numero potrebbe aumentare ancora nel 2008. Colpa soprattutto di nazioni come Cina, Iran, Egitto e Birmania, le più repressive dal punto di vista della libertà d’espressione in rete, e del resto anche quelle nelle quali la gente sente di più l’esigenza di comunicare notizie sulla reale situazione politica e sociale.
Il blogging poi da tempo si è imposto come una forma di comunicazione efficace (per lettori e scrittori) e comoda da usare (anche per chi non ha molta dimestichezza con la rete), solo in Cina infatti ce ne sono circa 70 milioni. Come dimostrano le cifre il numero dei blogger arrestati, rispetto ai blog che esistono, è minuscolo, ma tali eventi sono da intendersi come esempi pubblici, gogne mediatiche che fungono da deterrente. Inoltre lo stesso report ammette di basarsi sugli arresti dichiarati dalle questure e che quindi la cifra effettiva probabilmente è di molto superiore, solo in Birmania sembra ci siano stati 344 arresti impossibili da provare.
Recentemente infine anche il nostro paese non si è distinto per libertarismo. Al centro di molte polemiche è ancora la condanna subita da Carlo Ruta che con il suo blog "Accadde in Sicilia" già aveva avuto guai nel 2004 e che ora si vede di nuovo condannare ad una multa di 150 Euro per stampa clandestina. Come riporta l’agenzia Radicale, sarebbe tutta colpa di alcuni post scritti appunto nel 2004 che criticavano l’operato del magistrato Agostino Frea durante le indagini sulla morte di Giovanni Spampinato (giornalista dell’Unità), per i quali il blog fu fatto chiudere ma che continuarono ad essere reperibili su leinchieste.com (altro sito di Ruta).
Il reato di cui è accusato Carlo Ruta riguarda dunque l’irregolare periodicità della stampa e la sua clandestinità (non essendo testata regolarmente registrata), accuse che fanno riferimento all’art.16 della legge sulla stampa del 1948, sessant’anni fa.