Si, ho fatto spam. L’ammissione arriva nientepopodimeno che dal Primo Ministro australiano John Howard. L’ammissione giunge a poco tempo dalle prossime elezioni annunciate per il 9 Ottobre. I messaggi sarebbero stati inviati via mail a vari elettori del collegio di Bennelong, ovvero il collegio proprio del primo ministro. Il caso è sorto in seguito alle svariate proteste avanzate dai destinatari dei messaggi.
Il materiale inviato è di stampo promozionale ed è dunque divenuto parte integrante della campagna elettorale del partito Liberale di cui il Primo Ministro fa parte (sollevando così non solo le proteste dei destinatari dei messaggi, ma anche dei rivali politici). Howard si sarebbe avvalso, per gli aspetti tecnici dell’invio della posta, dell’azienda del figlio Tim (“Net Harbour”).
Le proteste hanno raggiunto le autorità preposte all’applicazione della cosiddetta Spam Act, la legge da poco promulgata che dovrebbe fare giurisprudenza in materia di invio di posta non desiderata. Il responsabile dell’authority Anthony Wing, però, fa spallucce: la Spam Act contempla esplicitamente solo i messaggi di carattere promozionale e nulla è previsto per i messaggi di matrice politica. Agli effetti, dunque, i messaggi inviati dal Primo Ministro non costituiscono spam e non sono, di conseguenza, passabili in giudizio: « […] è puramente materiale elettorale e non ci sono restrizioni sotto la Spam Act per quanto concerne il materiale elettorale».
Il dibattito sul caso ha rilevato inoltre come John Howard vada contro una sua stessa legge, e le associazioni che dapprima si erano felicitate per l’approvazione della Spam Act devono ora prendere atto del misfatto del Primo Ministro: «Nel momento in cui John Howard ha inviato mail non richieste egli mischia se stesso con altro materiale spam quale il Viagra».
Per ovvia conseguenza viene immediatamente richiesta una sollecita modifica della Spam Act al fine di occludere la falla emersa dalle azioni del suo stesso firmatario.