La firma di Steve Ballmer sul patto Microhoo ha sprofondato le azioni Yahoo al di sotto dei 15 dollari. Le speranze degli analisti di vedere la moneta fluire da Redmond a Sunnyvale sono infatti andate a vuoto e la cosa ha determinato una nuova fretta di vendere. Nel frattempo le azioni Microsoft erano tra le più trattate a Wall Street, chiudendo la prima giornata in attivo. La seconda giornata post-accordo non è andata in modo differente: -3.57% per Yahoo, +0.04% per Microsoft: gli analisti confermano le proprie sensazioni secondo cui Yahoo si sarebbe messa in un vicolo cieco presa per mano da Microsoft.
Steve Ballmer, però, la vede in modo differente: l’accordo sarebbe un tipico “win-win” e gli analisti, pur avendo sviscerato per mesi le possibili ripercussioni di un accordo, avrebbero fallito nel capire le implicazioni di lungo periodo. Ballmer ha ricordato infatti l’88% di revenue sharing nelle mani di Carol Bartz e plaude alle possibilità che i due gruppi potranno ora coltivare in collaborazione per i prossimi 10 anni. Ballmer, insomma, difende Yahoo ed i suoi azionisti, ricordando come il valore del capitale azionario non possa prescindere da quelle che sono state iniziative intraprese in difesa dei margini operativi futuri (Yahoo ha annunciato maggiori introiti possibili per 500 milioni con un risparmio previsto sopra i 200 milioni per gli anni a venire).
Nel frattempo, mentre da Google provengono le prime velate dichiarazioni oppositive nei confronti del nuovo tandem della ricerca, c’è chi si è già mosso con fare ufficiale: la Consumer Watchdog avrebbe infatti chiesto alla Federal Trade Commission ed al Dipartimento della Giustizia statunitense di vegliare sulle firme tra Microsoft e Yahoo. L’accusa non sembra ancora focalizzata su questioni specifiche, ma i due tasti dolenti sono immediatamente affrontati: da una parte vi sono le possibili implicazioni antitrust, con una fusione che crea sì maggiore concorrenza, ma limitandola ad un duopolio; dall’altra vi sono i possibili pericoli per l’utenza, la quale vedrà i propri dati messi in comunione tra due diverse aziende. Secondo John M. Simpson, rappresentante della Consumer Watchdog, avere due gruppi a lucrare sui dati degli utenti invece di uno solo significa aumentare e non ridurre i possibili rischi. La tutela della privacy, pertanto, deve rimanere con ruolo primario nell’agenda della FTC e del DOJ