Formulare un giudizio onnicomprensivo relativo alla qualità della banda larga è un compito gravoso. Molti, infatti, i parametri da tenere in considerazione e molte le variabili esistenti soprattutto a livello internazionale. Il tentativo è stato compiuto dalla Said Business School dell’Università di Oxford e dall’Universidad de Oviedo con una ricerca sponsorizzata da Cisco e basata su di un fattore virtuale tale da permettere raffronti tra dati omologhi. Nasce così il Broadband Quality Score.
Per Broadband Quality Score (BQS) si intende un algoritmo “dinamico” che tenta di pesare i vari parametri misurabili per la banda larga in funzione della loro utilità in un dato momento. Trattasi di una semplice formula matematica che però va vista in divenire, secondo la logica di un servizio che si trasforma sulla base delle necessità degli utenti. Il BQS, insomma, è una ricetta che cambia le dosi degli ingredienti in base al gusto ed alle necessità del momento. Così come fino a ieri la velocità del download era fondamentale, infatti, l’upload sta invece oggi diventando sempre più importante in quanto sempre di più sta nell’invio la fase cruciale dell’interazione tra l’uomo ed i servizi online. Ne risulta che, partendo da misurazioni a campione:
- BQS (oggi) = 55% download + 23% upload + 22% latenza
- BQS (domani) = 45% download + 32% upload + 23% latenza
Il numero risultante è il parametro sul quale è possibile mettere in fila le varie nazioni e di qui capire chi, come e perché stia investendo in modo adeguato e lungimirante nello sviluppo della rete.
I risultati definitivi sembrano fotografare l’Italia come un paese che, ad oggi, si accontenta di galleggiare. Le posizioni sono di media classifica, secondo una logica che sembra limitare la qualità a quelle che sono le relativamente modeste necessità odierne. Con il passare degli anni, però, la rete attuale si farà insufficiente e per il nostro paese il collo di bottiglia si manifesterà in tutta la sua evidenza. Le polemiche sul Piano Romani sembrano pertanto del tutto legittimate, pur se inquinate dai giochi economici e di potere che da sempre viziano le potenzialità del Web italiano.
Nella classifica delle nazioni l’Italia è defilata, a metà tra Irlanda e Ucraina, Turchia e Malta. Il nostro paese si inserisce in una fascia di performance mediocri, tali appena da «incontrare le esigenze delle attuali applicazioni» e nulla più. In prospettiva trattasi di una valutazione preoccupante perchè, mentre le esigenze aumentano rapidamente, i tempi per una revisione delle infrastrutture della rete nazionale saranno invece molto maggiori. I paesi virtuosi, in tal senso, sono Corea, Giappone e Svezia. Il podio è però inseguito da Lituania, Bulgaria e Lettonia, oltre ad Olanda, Danimarca e Romania: mezza Europa si posiziona insomma in posizione di sicurezza, a grande distanza dai livelli della nostra penisola. L’immagine che segue è chiara: l’Italia è mediocre tanto in quanto a BQS, quanto in funzione della penetrazione del broadband nelle case (la stima sembra peraltro leggermente ottimistica se confrontata con i rilievi statistici nazionali da breve pubblicati):
Dati del tutto curiosi emergono dalla classifica che mette a confronto le singole città, al di fuori dei contesti nazionali. Se a guidare la classifica vi sono le metropoli orientali, Yokohama in primis, la prima città italiana a comparire nell’elenco è a sorpresa Napoli. La città partenopea si posiziona poco più avanti di Roma, mentre Milano scivola in mezzo alle maggiori città brasiliane tra i nuclei con qualità al di sotto dei parametri qualitativi necessari per fruire adeguatamente del Web odierno (il BQS odierno è bilanciato su richieste quali 3.75 Mbps in download, 1Mbps in upload e tempo di latenza di 95ms). I numeri rilasciati a inizio mese dal Fiber-to-the-Home Council Europe non avevano peraltro indicato una situazione migliore se è vero che anche in questo ambito il nostro paese perde posizioni lasciando indietro i grandi centri dalle opportunità delle ultime tecnologie della connettività.
I dati risultanti dalla ricerca vanno considerati per quello che sono: una valutazione che, partendo da un criterio soggettivo, cerca una misurazione oggettiva di quella che è la qualità del broadband odierno. Per l’Italia sembra essere comunque l’ennesimo monito, peraltro piovuto sul nostro paese in una settimana in cui Telecom ha chiesto un intervento allo stato, Confindustria ha invocato maggior incisività al Governo ed AIIP ha preteso un intervento al Presidente della Repubblica. Problemi avvertiti e seri, insomma: ma insoluti.