Toh, chi si rivede: i 20 milioni di euro per il completamento della banda larga nel centro nord sono riapparsi negli emendamenti approvati in blocco ieri in mattinata al Senato, prima della lunga discussione sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Il Piano nazionale della banda larga è da tempo al centro di un tira e molla incredibile, dove questo finanziamento compare e scompare a seconda dei diversi ambiti nel quale è discusso.
Tagliati in estate col Decreto del Fare, questi 20,75 milioni – una goccia nel mare – pareva già fossero destinati ad essere ricollocati, per rifinanziare un capitolo dell’agenda digitale. La notizia fu prima resa pubblica, ma poi smentita dando l’ennesima delusione. Evidentemente però l’idea di recuperarli nella legge di stabilità è rimasta nelle intenzioni del ministro Flavio Zanonato, che aveva promesso questi soldi e, al momento, pare sia stata trovata la copertura.
Ci sarebbe molto da dire su questo percorso, così accidentato: il governo, anzi i governi (bisogna includere anche quello precedente di Mario Monti) hanno tenuto con il piano nazionale banda larga un comportamento schizofrenico: il piano ha bisogno di molti più soldi, che non ci sono, ne sono stati stanziati 150 a cui poi ne sono stati tolti 20,75 per altri obiettivi urgenti; poi di nuovo promessi, di nuovo spariti e attualmente in attesa di sopravvivere alla lunga discussione in commissione Bilancio alla Camera, dove resterà per almeno 2-3 settimane prima del ritorno in Senato, probabilmente con un voto blindato perché non ci sarà più tempo di discutere incombendo il voto di fiducia (lo stesso vale per la webtax).
Se anche questi soldi fossero finalmente ripristinati, considerando i 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta, vorrebbe dire che per recuperare una quantità risibile di finanze – col permesso dell’Unione Europea – da dedicare all’infrastruttura nazionale delle telecomunicazioni, ci saranno voluti 14 mesi: la distanza temporale fra la legge 221 e l’attuazione della legge di bilancio.
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