In fondo anche lui sa di essere una contraddizione. Ecco perché Beppe Grillo ha intitolato “GrillovsGrillo” il suo one man show replicato in diversi teatri italiani l’anno scorso: il Grillo comico contro quello politico, ma anche la coerenza di essere, spesso, il peggior nemico di sé stesso (oppure no?) nella sua plateale solitudine. C’è però una novità interessante in questo quadro: dal 10 febbraio il suo spettacolo sarà disponibile su Netflix. Un’operazione commerciale, ovvio, ma anche una prima volta per entrambi.
Perché un doppio esordio? Inanzitutto, Netflix non ha mai ospitato one stand comedian sulla sua piattaforma italiana, e ce ne sono pochi anche nel resto dei paesi dove opera. Ha molte serie, anche comiche, punta su attori che vengono anche da quel mondo, ma ha molto di rado ospitato e prodotto qualcosa che fosse incentrato su un uomo solo sul palco. Molti americani, però, pensano già da qualche tempo che la gloriosa tradizione del Saturday Night Live e degli stand-up seguiti su diversi canali satellitari potrebbe riversarsi con grande efficacia nel mondo dello streaming on demand. Finora anche Ted Sarandos, responsabile dei contenuti di Netflix, aveva solo accennato a uno show di un “comico italiano famoso nel mondo” che aveva fatto pensare anche ad altri nomi (Benigni, per esempio). Ora si è scoperto di chi si trattava.
L’esordio però è anche per Beppe Grillo, che finora aveva privilegiato molto la sua stessa piattaforma, cioè il blog (in passato uno dei blog più importanti del mondo per numeri e collegamenti) per diverse ragioni tutte ormai note, talvolta anche molto criticate: la monetizzazione del flusso dei visitatori, il fortissimo senso di appartenenza della community che più facilmente si ritrova poi nel dibattito politico, orientandosi in questo modo a informarsi più volentieri sui temi in agenda e seguendo il leader carismatico che Grillo rappresenta all’interno del movimento da lui fondato insieme allo scomparso Gianroberto Casaleggio.
In soldoni, Grillo ha costruito un sistema recintato, che è tanto più forte quanto più lo è – contribuendo, secondo i detrattori, a quella echo chamber che costituisce uno dei problemi del dibattito democratico. Invece scegliendo Netflix mostra di essere interessato a una platea che non può controllare algoritmicamente, portando le sue parole e la sua verve dove sarà il mercato crescente dello streaming a dettare le regole. Un’apertura che ha due letture: una tecnica e commerciale (Netflix sfonda davvero ogni barriera) e una anche latamente politica: è il momento di comunicare a tutti e non soltanto ai propri già convinti.