In una nuova sede di Zalando a Berlino, in piena zona est, dove lavorano insieme manager, ingegneri, creativi da tutta Europa, ci si orienta con una mappa. Una volta l’anno giornalisti da tutta Europa si aggirano per i diversi angoli creati appositamente nell’area: invitati per conoscere le novità dell’azienda che ha idee e risorse per cambiare il rapporto tra fashion e eCommerce, fino a livelli di integrazione dei negozi e di conversazione utente-marchio oggi soltanto immaginari.
Zalando vuole accontentare i due diversi mondi che tiene collegati: quello della moda e quello tecnologico. Per chi si occupa del primo, racconta il programma ZFS (Zalando Fulfillment Solutions), che consente ai marchi di sfruttare le capacità logistiche. È il cuore della giornata, raccontata sul palco centrale: le aziende si affidano all’infrastruttura logistica e al know-how tecnologico di Zalando attraverso un nuovo servizio, e Zalando assume il compimento dell’ordine per i partner. Il mattoncino che mancava per fare qualcosa che va oltre i portali di eCommerce senza gareggiare col concetto di vetrina di Amazon; l’integrazione dei servizi digitali già offerti dalla piattaforma con altre soluzioni, ma pensata per non creare frizioni con la filiera moda. Quel “sistema operativo della moda” che è l’obiettivo filosofico della società tedesca.
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Dietro questa idea c’è molta tecnologia, quella di oggi e soprattutto quella che verrà, ed è qui che certamente nei prossimi mesi ed anni coloro che si occupano di tecnologia pescheranno gli esempi più brillanti. All’orizzonte ci sono diversi strumenti hardware e soluzioni software che hanno a che fare soprattutto con la capacità di scaricare a terra tutto quanto è consentito da IoT e intelligenza artificiale, cioè da oggetti connessi e risposte intelligenti degli stessi o delle loro interfacce. L’aspetto più impressionante della Zalando che verrà è proprio quel conversational shopping raccontato da Anne Pascual responsabile del Product Design.
Lo shopping conversazionale
Può l’eCommerce introdurre nelle abitudini del consumatore un personal shopper immateriale? A Berlino i reparti tecnologici insieme a quelli del design ci stanno lavorando. «Quando entri in un negozio», racconta Anne, «c’è una connessione, si stabiliscono relazioni calde, e lì dentro ci sono diverse ispirazioni per chi lavora nell’online». Il deep learning è lo strumento col quale pensano di poter riprodurre, almeno parzialmente, quelle emozioni. «Il punto è che le persone non amano avere la sensazione di essere in rapporto con delle macchine, oppure si può fare in modo di spiegare loro quanto sia utile, e interessante, rapportarsi con un bot in grado di rispondere in modo così sorprendentemente efficace alle proprie richieste».
"Create something meaningful that you keep going back to" @AnnePascual on memorable #product #design for #Techspert
— Zalando Technology (@ZalandoTech) June 14, 2017
Le immagini sul monitor di questi primi esempi di chat bot per lo shopping conversazionale sono impressionanti: un cliente ha comprato un paio di jeans qualche tempo prima e quando cerca qualcosa per farsi un regalo, il bot interviene con un messaggio notifica: ciao, sai che sono uscite queste nuove paia di jeans? L’utente risponde: Dici che mi starebbero bene? Secondo me sì, replica il bot, d’altronde hai comprato qualcosa di simile sei mesi fa, ricordi? Appare un’immagine del capo acquistato. Fatti un regalo, tra pochi giorni è il tuo compleanno! La ricerca sta lavorando tantissimo per superare un apparente contraddizione: le persone si sentono stupide nel parlare con una macchina, ma con essa possono parlare come forse non parlerebbero mai con un essere umano, senza provare quindi un altro tipo di timidezza. Come capita spesso con le tecnologie disruptive, perdi qualcosa ne guadagni su un altro versante.
Un vantaggio sensibile del futuro eshopping con intelligenza artificiale è il salto qualitativo nelle previsioni dei trend: già oggi Zalando elabora big data coi propri algoritmi per anticipare vendite e ovviamente anche stock. Ma il futuro è tenere assieme il lato creativo, non prevedibile, con quello che invece è prevedibile: “La moda è un’industria ciclica, basta l’osservazione umana e avere qualche anno sulle spalle: la tua giacca di venti anni fa può uscire di nuovo dall’armadio ed essere perfetta. Ovviamente i dati e l’apprendimento delle macchine possono arrivare a prevedere le tendenze, e a organizzare le offerte ai clienti rapportandosi anche coi marchi, questo sicuramente».
In futuro avremo un personal shopper robot che amichevolmente ci aiuterà a fare acquisti, e che probabilmente venderà capi di abbigliamento che un marchio avrà prodotto anticipando i nostri stessi desideri, interpretati da molti altri segnali lasciati dalla nostra attività online. Un futuro, questo, che bussa alle porte provenendo dalla città più smart del continente: Berlino.