«Credo che nel dibattito di questi giorni ci sia un po’ di confusione. Sono stati mescolati problemi che non c’entrano nulla l’uno con l’altro». Franco Bernabé, amministratore delegato Telecom Italia, sembra invece avere le idee molto chiare: nessuno tocchi la Rete, lo scorporo non è una ipotesi praticabile.
Le parole di Bernabé sono raccolte da Libero in un’ampia intervista nella quale il numero uno dell’incumbent sfida faccia a faccia tutti coloro i quali in questi mesi hanno criticato la Rete Telecom Italia chiedendo inoltre che il gruppo se ne privi a favore di un investimento nazionale che permetta agli italiani copertura globale e performance soddisfacenti. A proposito dell’infrastruttura, innanzitutto, Bernabé rivendica il fatto che «si tratta di una rete eccellente a livello internazionale. In cinque anni abbiamo speso 18 miliardi per renderla più moderna ed efficiente. Fra il 2009 e il 2011 investiremo ancora 6,7 miliardi. Uno sforzo considerevole che consente a Telecom di avere una infrastruttura di grande qualità». Bocciate, quindi, le critiche provenienti da Vodafone (così come dall’intero corpus delle aziende che oggi vendono connettività sulla base della Rete di proprietà dell’ex-monopolista: «Bertoluzzo dice cose inaccettabili. I guasti stanno diminuendo. Erano pari al 14,5% delle linee nel 2007. Sono scesi al 13% nel primo semestre 2009. Per quanto riguarda la banda larga l’incidenza, nello stesso arco di tempo è scesa dal 21% al 12%. Non si può parlare di degrado della rete. Sono dati pubblici, disponibili sul sito dell’Autorità e tutti possono verificarli».
Bernabé porta avanti il proprio attacco ricordando il fatto che «i nostri concorrenti hanno tratto beneficio dai grandi investimenti fatti da Telecom. Il loro contributo in termini finanziari è stato modesto. Se ritengono di avere a disposizione una struttura insufficiente possono sempre costruirsi una rete per conto loro. Non saremo certo noi a impedirlo». Chi non gradisce la Rete Telecom, quindi, se ne costruisca una nuova, così come ha fatto Fastweb prima di interrompere i lavori già nel 2002.
Il numero uno di Telecom Italia sfodera quindi una vecchia arma: il problema non è nell’offerta, ma nella domanda. Il gatto si mangia la coda da anni, ma il ciclo vizioso non sembra voler essere interrotto nemmeno in questo momento in cui la banda larga assurge ormai ad emergenza nazionale: «In Italia non c’è carenza di offerta nel campo della banda larga. Casomai è la domanda che è in forte ritardo. E continuerà ad esserlo fino a quando non verranno digitalizzati i servizi della pubblica amministrazione […] Il governo sta facendo le cose giuste. Il ministro Brunetta è il primo a volere la scomparsa della carta dagli uffici pubblici […] Guardi il piano da 800 milioni preparato dal vice ministro Romani è assolutamente corretto. Spero veramente che il finanziamento venga sbloccato rapidamente perchè coinvolge l’interesse generale del Paese. Tuttavia non si può dimenticare che si tratta di un piano rivolto ad aree a fallimento di mercato. Quindi è naturale che sia lo Stato a farsene carico. […] Ci sono un po’ di miti da sfatare a cominciare dal fatto che basta fornire la banda larga e il problema di accesso a internet viene risolto. materia è molto più complessa perchè in Italia c’è ancora un ritardo evidente nel processo di alfabetizzazione della popolazione all’informatica. L’attenzione quindi va spostata dalla rete ai servizi».
Bernabé continua la propria arringa ricordando i dati sulla popolazione anziana in Italia, per la quale non è possibile chiedere oggi una improvvisa rivoluzione digitale, ed indica in questo fattore uno dei motivi dei ritardi del sistema: «è inutile premere l’acceleratore sulla fibra ottica per il mercato consumer quando gran parte della popolazione ha ancora una scarsa educazione all’uso del personal computer. Per loro bisogna trovare nuovi servizi. Per esempio fra poco tempo Telecom lancerà un nuovo prodotto che consentirà di accedere ai servizi di internet direttamente dalla televisione. Un apparecchio con cui anche le persone anziane hanno dimestichezza. Sul mercato business invece stiamo posando molta fibra e ancora di più ne poseremo in futuro».
Nell’intervista l’amministratore delegato Telecom ricorda come la separazione funzionale della rete sia una «operazione insensata» che non è stata fatta in nessun altro posto al mondo. In Italia, anzi, si sarebbe fatto perfin troppo per aprire la Rete ai concorrenti dell’incumbent (questi ultimi non sono però d’accordo) e l’idea di cedere la rete per ridurre l’indebitamento sarebbe oggi una decisione priva di motivazioni razionali («Telecom sarebbe più dinamica senza la rete? È come dire che per rendere più agevoli i movimenti di una persona bisogna tagliargli una gamba»).
Telecom, insomma, non ci sta: non ci si taglia una gamba nemmeno per salvare il corpo intero. Bocciata la soluzione, Bernabé respinge pertanto al mittente le proposte della Cassa Deposito e Prestiti, la quale si è detta disponibile a finanziare la banda larga soltanto se non se ne fosse costruita una nuova parallela a quella Telecom Italia. La matassa rimane intricata, nonostante il Ministro Scajola continui a ripetere di volerla sciogliere già entro la fine dell’anno.