Mancano solo tre giorni. Secondo Tim Berners-Lee, il creatore del web, quando lunedì prossimo, 18 luglio, l’Europa si doterà ufficialmente delle linee guida approvate lo scorso anno, la neutralità della rete correrà il rischio concreto di essere violata. Per questo ha firmato una lettera aperta alle autorità di regolamentazione per implementare queste norme: di fatto una petizione online collegata a un sito e a un video su cosa si intende per net neutrality.
Il centro di tutto sta nella solita, immarcescibile questione dei servizi speciali di Rete forniti dagli operatori. Secondo la visione della Commissione Europea, non ci saranno mai corsie preferenziali a pagamento e i fornitori di servizi non saranno in grado di rallentare il traffico in qualsiasi momento a loro piacimento facendo riferimento a una minaccia per la congestione della rete; secondo i detrattori – e senza scomodare gli Usa e Berners-Lee, anche la deputata “pirata” Julia Reda la pensa così – la neutralità è messa a rischio dalla possibilità per le telco di mettere un sovrapprezzo ai servizi che consumano molta banda, e la possibilità dello zero-rating, cioè l’esatto contrario, concedendo ai provider di fornire gratuitamente l’accesso ai siti che non consumano banda o con caratteristiche apprezzate per diverse ragioni, tutte discrezionali.
Il dibattito però non si è fermato a quello di ottobre, perché nel frattempo, mentre i regolatori stanno attualmente lavorando su come attuare la nuova legislazione, le telco stanno spingendo per restrizioni meno severe: uno dei fattori scatenanti la lettera aperta è il manifesto di 20 grandi operatori delle telecomunicazioni – tra cui Deutsche Telekom, Vodafone e BT – in cui in sostanza si mette sul tavolo l’estensione delle reti 5G in tutta Europa a patto di leggi più morbide sulla neutralità della rete.
The Web we want is #foreveryone. Stand up for #NetNeutrality in the EU: https://t.co/w9sdPaLJB5 #webfuture #openweb pic.twitter.com/w0whqSuOdl
— World Wide Web Foundation (@webfoundation) July 15, 2016
L’argomento usato dalle telco è che le imprese potrebbero così promuovere l’innovazione e stimolare gli investimenti, ma i sostenitori della net neutrality sostengono che queste ipotetiche lacune potrebbero essere utilizzate per creare una rete a più livelli capace di soffocare la concorrenza. Ecco quindi l’appello contenuto in savetheneutrality e firmato da Berners-Lee insieme ai professori di legge di Stanford e di Harvard, Barbara van Schewick e Larry Lessig (noto anche per essere stato professore di Aaron Schwartz), che così afferma a proposito di linee guida più francamente protettive di una open Internet:
Delle linee guida forti proteggeranno il futuro della concorrenza, l’innovazione, e l’espressione creativa in Europa, migliorando la capacità dell’Europa di condurre l’economia digitale. Farà in modo che ogni europeo, non importa il colore della loro pelle o la dimensione dei loro portafogli, abbia la stessa probabilità di innovare, competere, parlare, organizzare e collegare online.
La legge di Quintarelli
Intanto, in Italia la Camera ha approvato una legge che, se fosse approvata anche in Senato – com’è altamente probabile – sancirebbe la net neutrality direttamente in sede legislativa nazionale. Nero su bianco. La legge firmata da Stefano Quintarelli va molto oltre la neutralità della rete, occupandosi anche di interoperabilità sulle piattaforme, ma è proprio la neutralità, cara anche a Berners-Lee, ad ispirare tutto il testo. C’è però una differenza: questa proposta di legge è perfettamente nel solco delle linee guida europee, infatti Quintarelli non ha mai considerato la commercializzazione di servizi premium come il diavolo. A suo parere si tratta di un valore aggiunto che va distinto dall’accordo tariffario di abbonamento e dove l’utente può, “liberamente e senza vincoli contrattuali, chiedere un servizio di prioritazzazione sulla sua rete di accesso”. Insomma, per quanto innovativa la legge italiana sulla net neutrality verrebbe probabilmente considerata insufficiente dagli estensori dell’appello.
Somiglianza fra le proposte
Ad una più attenta lettura, effettivamente c’è almeno una proposta, tratta da un articolo di Barbara van Schewick, che è compatibile con quella di Stefano Quintarelli. Nel saggio Network Neutrality and Quality of Service: What a Nondiscrimination Rule Would Look Like (pdf) pubblicato sulla rivista di Stanford, una delle proposte è paragonabile a quella a cui ha poi lavorato Quintarelli. La cosa piuttosto singolare è che ci sono arrivati separatamente senza prima sentirsi, cosa avvenuta poi lo scorso autunno. In questo paper, la firmataria dell’appello ammette, a pgg. 55-56, che c’è una forma, controllata dall’utente, di qualità a pagamento del servizio che potrebbe essere consentita anche in un regime di neutralità della rete come quello propugnato dalla Web Foundation.
La norma proposta non vincola l’evoluzione della rete più del necessario. (…) La regola consente ai fornitori di rete di offrire alcune (anche se non tutte) delle forme di qualità aggiuntiva del servizio. In
particolare, essa consente ai fornitori di rete di offrire diverse classi di servizio se soddisfano la seguenti condizioni: (1) le diverse classi sono offerte anche per tutte le applicazioni e le classi di applicazioni; (2) l’utente può scegliere se e quando usare quella classe di servizio; (3) al provider di rete è consentito prendere in carico solo i propri clienti di servizi Internet per l’utilizzo delle diverse classi di servizio.
È un punto di vista interessante che sembra coincidere con quello della proposta di legge italiana. In soldoni, un provider di rete in grado di offrire un ventaglio di servizi, da quello minore al best effort sino a una banda di alta qualità, lascia la decisione all’utente, che potrebbe giostrare la telefonia, il gaming o l’email in modo diverso, ma questa qualità viene controllata dall’utente, in regime di assoluta reversibilità, e le condizioni primarie di flusso sono invece garantite per legge e vigilate dalle autorità secondo il principio di non discriminazione.