L’agenzia spaziale americana ha sviluppato una nuova strumentazione, al momento sotto forma di prototipo, chiamata BILI (acronimo per Bio-indicator Lidar) e che un giorno potrebbe essere utilizzata su Marte alla ricerca di forme di vita che popolano il pianeta rosso. Un ennesimo tassello nel quadro più ampio degli sforzi che realtà pubbliche e private stanno mettendo in campo, finalizzate all’esplorazione dello spazio.
Il funzionamento si basa su un sistema attualmente impiegato dalle forze militari statunitensi per rilevare la presenza nell’aria di sostanze chimiche, tossine e agenti patogeni potenzialmente dannosi o letali per l’essere umano. Ad occuparsi dello sviluppo Branimir Blagojevic del Goddard Space Flight Center della NASA, nel Maryland. Lo scienziato sostiene che sensori di questo tipo potrebbero essere inviati sul suolo marziano alla ricerca di tracce biologiche, sfruttando un sistema Lidar (simile a quello equipaggiato dalle self-driving car) per stabilire la composizione delle particelle nell’atmosfera.
Se tutto dovesse andare secondo i piani, BILI verrà posizionato su un rover di prossima generazione e inviato su Marte. I suoi laser ultravioletti sono in grado di rendere fluorescenti le particelle contenute, ad esempio, nella polvere che si muove sulla superficie del pianeta, svelando l’eventuale presenza di componenti organiche depositate in passato. Uno dei principali vantaggi è rappresentato dalla sua capacità di funzionare anche a grande distanza dal sito interessato, dunque di poter essere impiegato anche per l’analisi di aree fisicamente non raggiungibili con le strumentazioni odierne.
Un approccio di questo tipo allo studio del pianeta rosso potrebbe fornire feedback e informazioni utili a preparare lo sbarco dell’uomo su Marte, con missioni che le menti visionarie di SpaceX immaginano possano avvenire già entro i prossimi decenni.